Difficilmente ho avuto il piacere di ascoltare una band in grado di mescolare rock psichedelico, ballate e humor come i Kaleidoscope, in un disco unico nel suo genere.

"A Beacon From Mars" non ha la raffinatezza di "Forever Changes", non ha il nervosismo di "After Bathing At Baxter's", nè l'armonia di "Aoxomoxoa". Non è effetivamente paragonabile a qualcosa che è uscito in quegli anni, è un miscuglio di blues, traditional, folk e suite psichedeliche che conferiscono all'opera una grande varietà di suoni. Lindley, Feldthouse, Vidican, Crill e Darrow sono i personaggi di questo colorato viaggio fra la tradizione e l'innovazione.

"I Found Out" è la prima tappa, un inno per certi versi alla stagione dei fiori, sonorità fresche alla Grateful Dead, voce profonda alla Skip Spence e legami alle proprie origine che ricordano l'Incredible String Band (ovviamente non ci riferiamo in questo caso alla cultura americana). Le chitarre folk diventano sempre più incisive sulla seguente "Greenwood Sidee", le percussione assumono un tono quasi tribale, l'arrangiamento è scarno e ben delineato. "Life Will Pass You By", "Louisiana Man" e "Baldheaded End Of A Broom" rievocano atmosfere country/western. "You Don't Love Me" è un blues distorto predecessore del futuro hard rock (la versione di Bloomfield e Kooper su "Supersession" è completamente diversa).

La tensione è sul punto di esplodere su "Taxim", lunga miscela di raga folk, jazz, psichedelia e traditional, e sulla conclusiva "A Beacon From Mars".

Chiunque avesse voglia ascoltare questo disco non deve aspettarsi nè un'opera così complessa quanto può sembrare dal mio commento, nè un album completamente organico. La frammentarietà è il biglietto da visita dei Kaleidoscope, un susseguirsi di voli pindarici fra i generi principali della cultura americana. Il resto delle considerazioni lo lascio a voi.

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