The Police: "Reggatta De Blanc" (1979 A&M). Per cominciare potremmo dire che con l'ingresso dei Police nel panorama della musica leggera della seconda metà settanta, abbiamo la presenzadi uno dei pochissimi gruppi modellato sugli strumenti essenziali della musica rock, ad aver alterato arbitrariamente le coordinate su cui il genere in questione si era mosso sino ad allora; certamente questa chance è stata resa possibile dallo sbalorditivo spessore musicale che itre avevano oltre ad un singolare background che li ha caratterizzati sin dagli esordi. Eccoli a voi: Andy Summers apprezzatissimo guitar session man già in compagnia di Eric Burdon negli anni '60 e poi coinvolto anche da Mike Oldfield, che donerà al gruppo quel suono cristallino che farà brillare anche le più semplici composizioni del gruppo; Gordon Matthew Sumner (alias Sting), un cauto insegnante con una smodata passione per il jazz che rinfranca il suo spirito facendo palpitare con i suoi intensi vocalizzi ed il suo robusto basso imisconosciuti Last Exit; in ultimo Stewart Copeland cresciuto dietro i tamburi ed affermatosi con il discreto progressive dei Curved Air, ottima palestra per la ginnastica ritmica che intraprende in ogni esecuzione.

Reggatta De Blanc esce nel 1979 e consta di ben 11 canzoni dove la vena compositiva dell'accoppiata Copeland/Sting si delinea per l'intero lavoro, vedendo primeggiare il talento compositivo del dotato bassista, in quelle che saranno le canzoni che si andranno ad imprimere con energia negli ascoltatori. "Message In A Bottle" è il giusto start per iniziare l'ascolto di questodisco: una di quelle canzoni in cui la vena rock si manifesta a sei mani, dove l'incalzante drum non fa altro che espandere la presenza di un riffvincente confermando gli stessi quattro accordi anche nella deliziosa variante della strofa-guida-ritornello; un perfetto connubio tra musica (energica e geniale) e testo (incisivo ed essenziale) che attraversoun impeccabile arrangiamento trasforma in note un racconto in cui tuttipossono provare ad immedesimarsi con il naufrago più decantato degliultimi venti anni. La title track si fà riconoscere per il ritmatissimo percuotere di sponda il rullante da parte di Copeland e l'innesco dell'urlo di matrice indiana (ed anche un pò da stadio, no?)che faràda apripista alla tribalità musicale che lo farà diventare uno dei branipiù trascinanti del live-set. "It's Alright For You" sciorina l'iniziale vena adrenalinica che su "Outlandos D'Amour" era stata più che accennata mentre a dare il la in "Bring On The Night", sono ancora le bacchette del poliedrico drummer unitamente al sovraccarico di flanger ed al cantato di Sting, a far risaltare il brano un eccellente manifesto di reggae (& rock) bianco. "Deathwish" si regge più sulla ricchezza di controtempi e la ricerca di un suono nitido, che per la bellezza melodica che non manca di certo a "Walking On The Moon" dove a colpire è proprio la raffinata qualità sonora e la sua essenzialità a rendere la cadenzata combinazione incrociata di accordi del ritornello, moltodi più di una semplice pop song. Abbiamo oltrepassato la metà dell'ascolto di un disco da cui obiettivamente vengono a palesarsi dinamismo, tecnica magistrale e freschezza esecutiva che contribuiscono in maniera decisiva a farne un eccellente prodotto musicale, dando vita ad un sound esclusivo e riconoscibile. L'esaltante giro di basso intorno al quale rotea "The Bed's Too Big Without You" ci riconduce alle atmosfere caldamente reggae in cui i tre si muovono meglio, mentre con "On Any Other Day" (cantata da Copeland), si ritorna a respirare quell'aria frizzante che aveva contraddistinto l'inizio del lavoro.

Le capacità compositive di Copeland vengono ad essere dispiegate nella parte conclusiva del disco, dove "Contact" presenta una divertente altalenante successione di note guidata a quattro mani dalla coppia Summer/Sting, mentre l'originale "Does Everyone Stare" viene a far risaltare la sua eccentricità per mezzo di un seducente piano ed una bizzarra voce d'opera che s'infiltra da lontano, conducendo le nostre orecchie a "No Time This Time" per ascoltare l'ultima frenetica esplosione di energia del gruppo inglese. Il perfetto amalgama tra nuove idee talento compositivo e freschezza esecutiva, rendono il secondo capitolo dei Police un container da cui ha origine un nuovo archetipo sonoro che per musicisti e ascoltatori contemporanei rappresenterà l'avanguardia musicale, conservando tutt'ora quell'inimitabilità e finitezza che l'ha sempre contraddistinto.

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