Sono stanchi, un po' sfatti, questi Stones così invecchiati, fare il rock a 60 anni non è mica uno scherzetto, anche se loro, a differenza di Vasco, non si sono ancora ritirati, non ci pensano per nulla a passare i giorni a letto.

E così, con grande ardore, strimpellano chitarre con passione, c'è quel riff di "Rough Justice" con cui Richards ci risveglia, suoni forti, versi arditi, più che note sembran tuoni di cannone, e anche Watts, con le bacchette, ci regala una bella sveglia.

Quel gigione di un Jagger mai domo, tra "Passing car" e "Wedding March" esplora le vie dell'amore, e non importa che tu sia donna oppure uomo, perché il sesso fa sempre bene, anche quando appar dolore.

Alla chitarra ci dà dentro Ron Wood col suo talento, "Rain Fall Down" ci colpisce con la grinta e la purezza, certi suoni passano via col vento, tra la rabbia, l'estasi e la bellezza.

Poi però qualcosa cambia, e qualcosa non va più, ascolti suoni già ascoltati come un eco nella valle, "Infamy" e "Let Me Down Slow" non rompono ormai nessun tabù, sembra pappa riscaldata ed esclami: "Che due palle!".

Certo l'attacco ai puritani arriva dritto al giusto cuore, "Sweet Neo Con" val bene una Messa, come dice proverbio avìto, nonostante manchi sempre quell'antico e gran furore, di un gruppo un po' bolso, ma che resta pur sempre un mito.

Carico i commenti...  con calma