Mick Jagger, di anni 73.

Keith Richards, di anni 72 (ma solo per pochi giorni ancora).

Ron Wood, di anni 70.

Charlie Watts, di anni 75.

Il 2 dicembre 2016 è uscito «Blue And Lonesome», ennesimo album in studio dei Rolling Stones - ormai ho perso il conto di quanti siano - ad undici anni di distanza da «A Bigger Bang».

C’era un tempo in cui i Rolling Stones erano la più grande banda di rock’n’roll sulla faccia della terra.

Ma il rock’n’roll è la musica dei giovani ed i Rolling Stones non sono più giovani da prima ancora che io nascessi.

Quando sei vecchio latitano la passione e l’energia, pure l’ispirazione latita.

La voglia di rimpinguare il conto in banca, quella non latita mai.

Allora si mette in piedi un’operazione a tavolino che sarebbe un disco in cui si ripropongono ancora una volta vecchi brani di bluesmen storici, da Willie Dixon ad Howlin’ Wolf, da Little Walter a Magic Sam.

Siccome latita pure la fantasia, la copertina è quello che è.

Il successo, comunque, è garantito.

Ora, se voglio sentire del buon vecchio blues, mi sento gli originali.

Poi, se voglio sentire i Rolling Stones alle prese col blues, tiro fuori la mia copia di «Sticky Fingers» oppure «Exile On Main Street», anni di grazia 1971 e 1972, quando gli Stones erano giovani e belli ed ancora sapevano cosa significasse suonare per davvero e non per Mammona, ed erano abbastanza onesti da farlo.

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Di simili luoghi comuni è probabile che ne leggerete molti nei prossimi giorni.

Io ho cominciato a leggerne già prima che il disco uscisse ma me ne sono disinteressato.

Voi fate come preferite.

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