Dopo Aftermath che aveva confermato le doti compositive dei nostri, gli Stones si perdono in territori lisergici che a loro stanno un po' stretti. Ci vorrà un capolavoro come Beggars Banquet a riportarli sulla retta via.
Ma il successivo Let it Bleed è disco ancora più importante perché segna un periodo di cambiamenti per la band. Sopratutto tragici, come la morte di Brian Jones e l'omicidio di Altamont.

Mai copertina è stata così emblematica, una torta che dovrebbe simboleggiare una festa è letteralmente devastata. Ma musicalmente parlando, se in Beggars Banquet sembra riesumare lo spirito di Robert Johnson e i suoi scomodi fantasmi, questo disco presenta gli albori del sound tipico degli Stones che li porterà fino ai giorni nostri.
Se Exile On Main Street è l'apice creativo, Let It Bleed pone le basi a quel pilastro inossidabile che non sembra mai tramontare. Sopratutto perchè da questo disco Keef (Keith Richards) comincia a fare sul serio. Da una versione country di Honky Tonk Woman (a testimonianza del suo affetto verso Gram Parsons), al fantasma di Johnson che anche qui riappare (Love In Vain).
Ma in Monkey Man il suonato è aspro e tirato come mai finora e in Live With Me appare Bobby Keys al sax, un altro Stones che firmerà altre lodevoli tessiture nei lavori successivi.

Se proprio volete un punto di partenza degli Stones che siete abituati a sentire non vi resta che partire da qui, avendo cura di non tralasciare il resto.

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