Adoro il colore che si espande oltre i margini, perchè tutto quel che succede al di là dei contorni
è meraviglioso ed è raggiungibile solo attraverso i "sentieri perduti"
.

Quanti di voi sono in debito con Claudio Sorge e le sue Lost Trails? Fino ai primi '80, per quel che
mi riguarda, il garage era quel posto dove mio padre ci metteva l'auto. Dopo la prima lettura del
Sacro Graal niente più fu come prima. Di botto divenne una rimessa industriale dove si aggiravano
tipi ambigui con le maglie a strisce, gli occhialoni dalle lenti scure ed i nomi bizzarri : Fuzztones,
Vipers, Gavedigger V, Droogs , Sick Rose, The Pandoras, Miracle Workers.
E per la Fiat 127 di mio padre non ci fu più spazio.

Naturalmente c'erano anche gli Steppes.

I fratelli John e David Fallon sono poco più che ventenni negli '80 e hanno passato indenni il tempo
delle poesie in piedi sulla sedia e quelli delle interrogazioni scolastiche. Le uniche cose che ora
ricordano a memoria sono le tracce di "Fifth Dimension", il catalogo della Rickenbacker e le leggende
sui Fab Four lette nelle fanzine indipendenti.

Il visionario è sempre alla ricerca di sfumature fantastiche negli ingranaggi del tempo.
Al di là delle vie ordinarie della vita ci sono degli anfratti dove non ci arrivi mai per caso.

Gli Steppes, fantastici venditori di sogni, sono proprio lì, in quel limbo a metà strada tra cielo e terra,
con le psichedeliche livree color "celeste tempestato di diamanti" e le chitarre impregnate dall'olezzo
di kerosene e pneumatici logori. "Eravamo come una band di fine anni '60 catapultata nella natura
selvaggia degli anni '80", afferma John Fallon in una intervista ricca di ricordi. Nella sua time machine
c'è spazio anche per la nostra Italia dove si scapicollarono nell'ardua impresa di suonare due live in
due città differenti nella stessa notte. Il racconto di John è un volo pindarico tra strade, palchi e lavori
in studio e conduce naturalmente al fulminante full length (dopo il promettente, omonimo ep del 1984)
che porta il nome di "Drop Of The Creature".

"Il suono e l'immagine si sono mescolati in un'unione perfetta" sostiene John, parlando con trasporto
del loro primo album. E come dargli torto? Una inebriante commistione di rock psichedelico e
acid folk si diffonde e danza sui merletti della fortezza in copertina, con gli Steppes in primo piano
agghindati di passamanerie e orpelli d'epoca tardo vittoriana.

Il disco si apre con la turbinosa, forsennata "A Play On Wordsworth", lambita da sei minuti di chitarre
acide che si rincorrono in una landa senza tempo. Una spessa foscia scende tra i solchi del vinile,
creando il milieu ideale per "Somebody Waits", pezzo degno della migliore tradizione Irish-Folk, con
un marcato retrogusto di prezzemolo, salvia, rosmarino e timo. La successiva "Holding Up Well" ha
un' evidente ascendenza doorsiana e il suo organetto sembra preso in ostaggio delle dita esperte
di Manzarek. Quanti di voi intravedono nelle sinuosi sentieri del brano la carovana spagnola?
Le influenze sono tante,esplicitamente palesate e accarezzano con mano pesante tutti i pezzi del disco.
"Sky Is Falling" è un minuzioso arabesco di riff e assoli che si fondono in un'orgia sonora. Per una
assonanza alquanto buffa, il ritornello sembra il gemello albionico di "Sotto il segno dei pesci" del nostro
Antonello nazionale. "Make Us Bleed" ricalca il tipico costrutto del paisley underground, così come per
"See You Around". "Cut In Two", tanto brioso quanto ruffiano, propone uno stuzzicante dialogo tra il
bottleneck di John Fallon e il basso del fratello David.Criptici paesaggi sonori creano un ideale parallelo
con le fredde brughiere perse tra la nebbia nell'Irlanda del Nord. Gli scenari cambiano scanditi a colpo
di pedaliere,tra fuzz ovattati e audaci wah-wah. In "Lazy Ol' Son", ipnotica ballata dalle trame oniriche,
si riaffaccia lo spettro dei Doors, quasi ad ispirare la loro personale "Moonlight Drive".
Segue "Bigger Than Life", una folk track dall'aroma lisergica, con echi estemporanei di chitarre e voci
sinistre fuori campo, "Black Forest Friday",il pezzo più allucinato e visionario dell'lp e "More Than This"
con il suo antimilitarismo militante.

I fratelli Fallon hanno vissuto gran parte della loro vita negli States, ma in questo disco la loro amata
Irlanda rurale è una presenza tangibile che si manifesta in ogni segmento delle undici tracce,
indugiando nell'istantanea di copertina.

La Cherry Red Records nel 2011 ha acquistato i diritti dei loro album e riproposto in catalogo l'intera
discografia considerando, a giusta ragione, "Drop Of The Creature" un passaggio fondamentale tra
la psichedelia del passato e le nuove band lisergiche che ingrassano la lista di genere.

"Sono ancora un acido dandy intellettuale, solo che ora non indosso più il velluto verde ma tendo ad
assomigliare più a un investigatore privato degli anni '60!"
ha detto John Fallon nelle ultime battute
dell'intervista.

Spenti i microfoni, si è calato nel cappotto di tweed e ha chiuso la porta alle proprie spalle, perdendosi
nella nebbia, al di là dei contorni della realtà, verso nuovi sentieri perduti.

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