Gli esordi assoluti della band di Wigan. Quando l'articolo "The" non faceva ancora parte del nome.

Per chi non sa esattamente di cosa parlo, possiamo dividere la "spezzatina" carriera del gruppo in 3 periodi: il primo di puro Shoegaze, il secondo di Shoegaze misto a Britpop ed infine quello quasi totalmente Britpop con un buon background dello psichedelico sound che li caratterizzò agli inizi.
Quando parliamo semplicemente e solamente di Verve facciamo riferimento al primo periodo, quello dei tempi dell'esordio studio "A Storm In Heaven", in questo caso addirittura prima.

Nascono intorno al 1990 e l'anno successivo si trovano già sotto contratto con la Hut Records, che rilascia i primi singoli e l'EP omonimo nel corso del 1992, dando loro la possibilità di imbarcarsi verso gli Stati Uniti per supportare queste prime uscite, che già andavano bene nelle classifiche britanniche. Molto precoci.
"Voyager 1", EP live datato 1993, è proprio il frutto di alcune registrazioni svolte a metà tra New York e Londra nel 1992 ed è da definirsi la perla più rara del catalogo che i Verve ci hanno offerto. Vinile (blu) uscito solo negli Stati Uniti e limitato a 1000 copie, di cui circa 300 furono rovinate nel tragitto UK-USA; attualmente nell'Internet ci sono una decina di persone che hanno messo in vendita la loro copia (considerando anche i bootleg con il vinile rosso e quello nero) e Wikipedia afferma (ed ha ragione!) che su Amazon.com è presente una copia originale al modico prezzo di 10,000$.

Tornando al disco in sè, presenta 6 brani perlopiù provenienti dalle prime uscite, come più che ovvio, ed il prodotto finale è uno straordinario concentrato di suoni che vagano docili e sbandati in un caos sognante, tra nebbie colorate e profumate dove le voci e gli strumenti sembrano elettricamente immersi in un oceano d'ecstasy.
Per questo bisogna ringraziare maggiormente le atmosfere create da Nick McCabe e la sua chitarra (e la sua infinita effettistica), il "Verve sound" viene dal suo estro, che purtroppo avrà sempre meno spazio nel corso degli anni.

Si ha la possibilità di imbattersi in una versione primitiva, più lunga seppur quasi-completa di "Slide Away", da considerarsi uno dei pezzi più famosi dall'epoca sottovalutata del gruppo, qui ancora senza ritornello. Il brano dalla bassline riconoscibilissima e ossessiva è sempre stata una certezza in concerto, tra feedback, echi e fuzz. Verrà poi inserita nel disco di debutto sovracitato "A Storm In Heaven", assieme ad "Already There", altrettanto grezzo (in senso buono!) e piacevolmente imbambolato numero qui presente.

Non possono mancare "Gravity Grave" e "She's A Superstar", proprio i singoli di cui si parlava, pezzi dall'alto minutaggio che costituiscono rispettivamente un vero e proprio trip mentale (sempre accompagnata dal basso insistente di Simon Jones), un fiume in piena ed quella che possiamo definire una psichedelica canzone d'amore (forse), una performance intensa e davvero dai tratti struggenti.

Doveroso, infine, citare le completamente sconosciute "One Way To Go" (direttamente dal primo singolo "All In The Mind") e "South Pacific", brano mai registrato in studio, proposto live nel corso del 1992 ma poi totalmente abbandonato.
La prima traccia è un vero capolavoro Shoegaze, che meritava di essere inclusa nel debutto: con il suo andamento lento e il combo formato da basso & chitarra ci teletrasporta verso lidi sconfinati, sembra di nuotare negli abissi più profondi. La seconda è invece un'ottima traccia, senza dubbio, che ricorda molto le sonorità e le strutture di "Star Sail" e "The Sun, The Sea" (sempre dal debutto), una sorta di preludio.
Per le liriche di Richard Ashcroft, bisogna assolutamente ringraziare la droga, in modo particolare l'MDMA.

Insomma, dimenticatevi di "Bitter Sweet Symphony" e andate a provare questo disco al sapore di arcobaleno. Tra i miei gruppi preferiti in assoluto, vorrei osare.

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