E venne, a metà '60, il garage rock per dare un senso ai Marshall, per riscattare i topi di cantina che passavano intere giornate a spezzar corde, per donare nuova linfa ai veterani nostalgici del rock artigianale, ai nuovi del "do it yourself" e, principalmente per giustificare, anzi, sdoganare il concetto che sporco, scarno e rude è bello. Let's make it lo-fi! The Sonics, The Chocolate Watchband, 13th Floor Elevators, The Stooges e tante altre band furono i pionieri di un genere che ancora oggi affascina e crea schiere di adepti in tutto il mondo.

I Von Bondies non sono rimasti indifferenti a tanta magnificienza. Incoscienza e ardore hanno accompagnato, sin dall'esordio, questo sfrontato quartetto di Detroit che, in palese anacronismo, nella passata decade '00 pubblica "Lack of Communication"(Sympathy for the Record Industry, 2001), un garage-rock vecchia scuola che sfida mode, generi, tendenze e, impavidamente, non teme il confronto con i loro illustri, mirabili predecessori e concittadini MC5.

Nati nel 1997 come The Baby Killers, sucessivamente diventano The Von Bondies ["È un nome composto che si riferisce e rende omaggio all'uomo che ha inventato il radar, l'uomo che ha inventato il commutatore e la donna che ha rubato la mia auto la scorsa settimana..." (Jason Stollsteimer)].

Adottati e prodotti da Jack White (The White Stripes), "Lack Of Communication", come suggerisce il titolo, è una amara considerazione sulla alienazione del genere umano, giorno dopo giorno sempre più incapace di intrattenere relazioni sociali, rapporti affettivi con i propri simili, votato al culto del più egoistico edonismo e narcisismo. Concetti che trapelano dalla title track e vengono riaffermati in "Shallow Grave": "Tu mi hai sepolto in una tomba poco profonda, una senza nome, hai avvelenato i miei fiumi solo per cercare di addomesticarmi..." , evidenziandone anche l'aspetto e la denuncia ecologica. Stollsteimer sputa parole e pennate di rabbia supportato dalla chitarra d'accompagnamento di Marcie Bolen. "Going Down", superbo garage fortemente ispirato dal San Diego sound di Gravedigger Five e Morlocks, si consuma in due minuti scarsi di pura energia old school. Il disco fluisce lentamente sulle note dell'incantevole blues noir "Cass and Henry", momento di gloria per Don Blum che colpisce bene e duro cassa, rullante e piatti con rullate e vibrati eccellenti, accompagnando la tragicomica storia di un amore gettato alle ortiche con annesso tentato suicidio. Stesso copione per "Nite Train" e "Cryin'", ("Yeah crying, yeah sleeping, yeah kicking, yeah keeping, all this pain inside of me") dalle liriche intense e struggenti nonostante il ritmo sostenuto del brano. "In The Act" è uno dei momenti più belli ed intensi dell'opera. Aperto da un'arpeggio di chitarra classica, scandito al tempo del pedale di Blum, il basso cede la scena al contrabbasso e quando Stollsteimer proferisce "That's about when I told her to rearrange her life" in una travagliata bagarre di dissidi familiari e incomprensioni, culminata con un drink gettato in faccia, attacca una spettrale slide guitar che solletica tutte le corde dell'anima. "Please Please Man" spinge con la grinta che contraddistingue tutto l'lp (un disperato appello contro l'abbandono) e la final track "Sound Of Terror" dalle squisite sonorità psychobilly alla Cramps, divide i suoi nove minuti e diciotto con una pastorale, deliziosa ghost track cantata interamente dalla bassista Carrie Ann Smith (fidanzata con Jack White) e accompagnata da un Hammond che regala una surreale atmosfera retrò.

La band nel luglio del 2011 si congeda definitivamente dalla scena musicale con quattro album, svariati e.p., un tour europeo a supporto dei White Stripes, un diverbio terminato in una furente zuffa tra White e Stollsteimer ed un buffo nome teutonico iscritto nelle pagine della scena musicale della Detroit 2.0.

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