A proposito della cosiddetta British Invasion, una branca importantissima di essa si svilupperà negli ambienti della Londra in pieno fermento artistico di metà anni Sessanta, assumendo ben presto il nome di Swinging London (letteralmente tradotto con “la movimentata Londra”) che vedrà come protagonisti una giovane schiera di ragazzi provenienti da ceti sociali generalmente medio-bassi, ma fieramente appassionati alle sonorità Rock ‘N’Roll and R’n’B (il famoso “Rhythm and Blues” che non è chiaramente la “brodaglia musicale” che circola tutt’oggi) provenienti da quel fantastico “meltin’ pot” di idee musicali quali ovviamente gli Stati Uniti d’America.

Quindi, personalità eminenti di questo “habitat musicale” come il rocker Eddie Cochran (autore della trascinante Summertime Blues, canzone celeberrima magistralmente “coverizzata” dal gruppo di cui andrò a parlare in questo post) e l’eclettico Bo Diddley rivivono pienamente nelle canzoni di un gruppo di prima grandezza, sorto di fatto dall’esperienza di quella Swinging London menzionata poco fa: i The Who, storico gruppo Rock londinese, nato dall’intuizione del chitarrista / compositore / cantante / polistrumentista Pete Townshend (Londra, 19 maggio 1945), affiancato dal cantante appassionato di recitazione Roger Daltrey (Londra, 1 marzo 1944), dal formidabile bassista (nonché anche in precedenza suonato di corno francese) John Entwistle (Chiswick, 9 ottobre 1944 – Las Vegas, 27 giugno 2002) e dal potentissimo batterista Keith Moon (Londra, 23 agosto 1946 – Londra, 7 novembre 1978).


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Dopo l’esordio assolutamente degno di nota di My Generation del 1965, vero e proprio inno alla controcultura giovanile che stava per proliferare all’epoca contro la massa dei bigotti e dei “parrucconi” che animavano la società britannica proprio di quei tempi (“Spero di morire / prima di diventare vecchio / parlando della mia generazione”) ed il mio esempio di “Rock Opera” quale l’album A Quick One, While He’s Away (1967), sulla scia del filone musicale dell’Psichedelia di maestri come Jimi Hendrix, Jefferson Airplane (di cui sicuramente parlerò a venire) e i The Doors del “Re Lucertola” Jim Morrison, viene pubblicato un album ingiustamente poco sottolineato dalla critica del periodo, ma che, a modesto avviso, è un punto di congiunzione di fondamentale importanza per comprendere pienamente l’esplosione del gruppo subito dopo nel 1969 con il loro celeberrimo personaggio di Tommy, da cui l’omonima “Rock Opera” (di cui esiste anche una rappresentazione filmica ad opera del regista Ken Russell, datata 1975), vero primo successo discografico planetario del gruppo.

L’album in questione è The Who Sell Out, pubblicato tra il dicembre 1967 e gli inizi del 1968, che rappresenta una sorta di “sfottò” alla cultura consumistica che stava prendendo sempre più piede nell’Inghilterra che si avviava di fatto verso gli anni Settanta e ciò è dimostrato dalla presenza di falsi spot pubblicitari su una nota marca di fagioli (“Heinz Baked Beans”), di una marca di deodoranti (“Odorono“) e di una crema anti-acme (“Medac”). Ma, come detto, in virtù di quell’influenza psichedelica di cui facevo menzione pocanzi, vi sono pezzi di primissima qualità e grandezza, a iniziare dalla fantasiosa Armenia City In The Sky (che, a dire il vero, sembrerebbe fare il verso alla conosciutissima Lucy In The Sky With Diamonds dei The Beatles) che prende quota, sospinta dalla chitarra distorta di Townshend qui già in ottima forma e dal drumming sempre bello roccioso di Moon. Altra canzone notevole è la ballata Mary Anne With Shaky Hand, ispirata alle “turbe adolescenziali” di Townshend (con questo suo amore, a dire il vero, mai troppo chiaro tra il chitarrista e questa misteriosa Mary Ann), così come I Can See For Miles, altro esempio di come si possa far molto ben coincidere il Rock ‘N’ Roll all’Psichedelia con le sue atmosfere immaginifiche e tendenti sempre a una “musica ulteriore” (una “further music”, usando un’espressione tratta da Jimi Hendrix nel descrivere la sua meravigliosa Bold As Love).

Tuttavia, è soprattutto nella seconda facciata che ritroviamo i punti di fondamentale interesse su cui si focalizza l’opera in questione: infatti, Rael 1 e Rael 2, della durata totale di circa 6 minuti, rappresenta indubbiamente un esempio ben più maturo di “Rock Opera” nel senso più specifico del termine: basta soltanto si ascoltino attentamente ambo i pezzi per ritrovarvi addirittura in embrione (o “in utero”, come ne l’omonimo album dei Nirvana) fraseggi e sonorità molto prossime ad alcuni pezzi che costituiranno l’ossatura di Tommy, su tutte il drammatico pezzo strumentale Underture, posto pressoché a metà dell’album. La stessa falsariga la ritroviamo in altri pezzi nondimeno importanti come Someone’s Coming ed Early Morning Cold Taxi con in primo piano l’inedito (ma non troppo!) corno inglese e francese di Entwhistle.

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Da tale momento in poi, il gruppo sveste dunque i panni della pura e semplice“singles’ band”, specializzata nella produzioni di “singoli” d’impatto (come le tante, troppe “band”, se così possiamo ancora definirle, attuali) per interessarsi sempre più al filone più, per così dire, “narrativo” del Rock, dando in questo modo il là, a partire da questo bel The Who Sell Out, ad un genere che farà le fortune del gruppo fino intorno alla metà degli anni Settanta (con il loro “stadio finale”, rappresentato dal doppio Quadrophenia del 1974) per poi conoscere il suo inevitabile declino: la cosiddetta “Rock Opera”.


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