L'idea di supergruppo, a volte, può non suscitare pensieri troppo positivi. L'unione di tanti talenti diversi può sfociare in prodotti scadenti, approssimativi. E, come al solito, anche in tutto ciò esiste un'eccezione alla regola. Una delle eccezioni possibili ha il nome di Tuatara (dal nome di un rettile neozelandese). Nato come progetto estemporaneo e orientato alla creazione di colonne sonore, il gruppo, formato da Justin Harwood (Luna, basso) Peter Buck (REM, chitarra) Barrett Martin (Screaming Trees, batteria e percussioni) e Skerik dei Critters Buggin (sassofoni) la band cominciò ad apparire live occasionalmente e a dare concreta forma a un vero e proprio album: ovvero, il presente "Breaking The Ethers".

Mescolando elementi di diversa provenienza come particelle jazz, soul e funk con altri appartenenti al più classico folk americano, alla psichedelia e ad influenze asiatiche, mediorientali ed africane (più qualche accento minimalista alla Penguin Cafè Orchestra) i Tuatara dimostrano una folle e colorata tendenza al non ripetersi: apre le danze "Breaking The Ethers - Serengeti", la quale, dopo un minuto di percussioni e fiati cupi e marziali, si lancia in un energico funk sotteso da congas e vibrafoni gioiosi mentre i sassofoni hanno modo di svettare. "Dark State Of Mind" impone una trasformazione radicale al sound finora proposto: si tratta di uno swing malinconico e depresso, con protagonisti ancora fiati dilatati e "noir" e vibrafoni misteriosi e impalpabili. "Land Of Apples" e "Goodnight La Habana" rappresentano il lato più fortemente percussivo della band: mentre la prima è incalzata dal ritmo incessante delle percussioni, dalle chitarre acustiche minimali e ipnotiche, dai vibrafoni sognanti e da violini e fiati che si stendono in lunghe fasce di suono denso e surreale, la seconda è più rilassata e (appunto) notturna, inframezzata da un vigoroso assolo percussivo ai timbales e da un altrettanto festoso e libero assolo di sax. La canzone si spegne in un clima di mistero creato dalle percussioni e dall'incalzare minaccioso del basso. "Smoke Rings" è probabilmente la più rilassata del lotto: blocchetti di legno e chitarre acustiche languide e sonnolente costituiscono la fragile base su cui fiati e vibrafoni appoggiano i propri pigri e malinconici assoli, in un clima a metà tra il relax e una sottile tristezza. Perfetta anima gemella di questo brano è "Eastern Star", mistica e surreale, ipnoticamente minimalista, calata in un'atmosfera a base di incenso e luci soffuse. Ma l'anima di "Serengeti" rivive in due brani animati dallo stesso spirito ma diversi nel tono e negli arrangiamenti: "The Getaway" (con Mike McCready ospite alla chitarra) è funky e arrogante, perfetta per una colonna sonora d'azione, i fiati si lasciano andare a baraonde sonore folli e stridenti, il basso e la batteria sono possenti e misteriosi, e la chitarra, un po' in disparte, fa comunque la sua figura tirando fuori riff imbevuti di wah wah, mentre la seconda è "Saturday Night Church", più cupa e decisamente meno roboante, con alcuni spericolati assoli di flauto cortesia dell'ospite Steve Berlin, mentre pianoforte, chitarra e vibrafoni ripetono la depressa e crepuscolare melodia che ritorna più volte nella canzone. Il finale è denso e spettacolare, con flauto, sassofono e batteria che fanno a gara a chi alza più la voce fino agli ultimi echi di vibrafono. La chiusura di questa folle corsa attraverso i generi è la reprise dell'iniziale "Breaking The Ethers": un minuto e mezzo di percussioni e fiati in un'atmosfera di mistero e tensione, vagamente imparentato con le creazioni più cupe e allucinate di Jon Hassell.

Insomma, un album decisamente riuscito. Non stanca mai, è variegato e coloratissimo, suonato e prodotto da musicisti che sanno il fatto loro e che si stanno chiaramente divertendo un mondo. Può darsi che la si possa considerare soltanto musica da cocktail: se anche così fosse, sarebbe un album da non dimenticare. L'album successivo, "Trading With The Enemy", riduce leggermente la cornucopia di generi e citazioni, si affida a un impatto più vigoroso ed energico, ed è leggermente meno riuscito di questo album targato 1997. Provatelo per primo, questo è il mio consiglio. E accendetevi una sigaretta, è la musica che ve lo chiede.

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