"Ottobre, 
 E gli alberi sono bare spoglie  
di tutti i loro vestiti.
Cosa dovrebbe importarmene?
 Ottobre.

 E regni sorgono, e regni  cadono,
ma tu vai avanti. E avanti"

Già, Ottobre. Quale mese migliore per parlare di questo timido lavoro?

1981. Una mattina d'autunno a Dublino . Fa freddo, passa un gatto di tanto in tanto a sbirciare qualche vecchio pescatore sulle chiatte ancorate in porto. L'acqua immobile.

Sullo sfondo i palazzoni grigi che si confondono nella nebbia, qualche operaio che esce di casa stanco. C'è gente poco raccomandabile nei vicoli. E' un clima smarrito, quasi atemporale. Paul, Adam, Dave, e Larry sono 4 ragazzi poco più che vent'enni. Ultimamente fanno i musicisti  e hanno un contratto. In realtà sono un po' allo sbando, sono simpatici, ma non sanno suonare benissimo. E per di più la Island gli ha commissionato un secondo album ma il cantante (uno che si fa chiamare Bono) ha perso tutti i fogli con le canzoni. Sembra inoltre che la band intercorra in una certa fase di crisi creativa. Si fa fatica a scrivere, e le teste dei giovani Bono e Edge sono intortate dalle convinzioni estremiste della setta religiosa "Shalom", di cui da poco frequentano le riunioni.

 Insomma,"October" non nasce esattamente nelle condizioni migliori. Ad oggi è l'album meno conosciuto della band e probabilmente (ma soprattutto purtroppo) anche il più snobbato dagli U2 stessi. Non contiene praticamente nessuna hit, e si presenta un po' difficile da metabolizzare: beh, in poche parole  un episodio "diverso" nell'ambito della produzione della band irlandese,  e per questo interessante da ascoltare e analizzare nelle sue mille sfumature.

Sono molte infatti le interpretazioni che gli si danno. Io personalmente lo vedo come un quadro, un quadro dalle tinte opache. "October" a parer mio è un cammino tra inquietudine e smarrimento all'interno di una malinconica cornice invernale: le sue canzoni sono tra le più nebbiose e introverse dell'intera carriera uduica. Non c'è l'innocenza di "Boy", né la rabbia di "War", c'è qualcos'altro di non ben decifrabile, come un invisibile telaio di dolore che lega ogni pezzo. Una sorta di passaggio tra adolescenza e maturità che, se pur  già presente nell'album precedente, qui si mostra in maniera molto più intricata e a tratti tragica. Le canzoni si concedono pochissimi respiri di serenità e scavano molto profondamente nella parte buia del pensiero umano.

"October" non è, e non sarà mai, considerato un capolavoro. Ma è un' opera sincera che si tiene stretta i suoi momenti di classe, e perciò merita rispetto. Album che invecchia bene come il vino, da servire preferibilmente in stagioni fredde.

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