Sin dall'inizio (1995) gli Ulan Bator si sono lanciati sul panorama indipendente proponendo un rock davvero molto originale, spalmando sui loro tempi dispari elementi che richiamano il kraut rock d'impronta Faust (non a caso Amaury Cambuzat e Olivier Manchion sono stati arroulati proprio dagli stessi), il post rock e il noise rock.

Gli Ulan Bator, per dovere di critica, non hanno mai sbagliato un colpo, non un disco che sia stato un esperimento fallito, non un disco al di sotto della sufficienza, e vanno distinte due fasi:

1) La fase iniziale (1995-1997) costruita sull'asse Cambuzat (voce e chitarra) / Manchion (basso), molto cinica, decisamente più sperimentale, e non curante di lasciare una certa permeabilità acustica per garantirsi un raggio d'azione più vasto. Ipocrisia artistica pari a zero.

2) La fase più recente (2003-2005) è tenzenzialmente più malleabile a livello melodico, decisamente meno oscura rispetto al passato, e vede l'apporto in fase creativa da parte del chitarrista Egle Sommacal (la melodia arriva proprio dalle sue mani) e del batterista Matteo Dainese, un virtoso stupratore di batterie rigorosamente ad assemblaggio striminzito, ma in grado di far suonare anche il tappeto persiano che sta sotto.

"Ego:Echo" è del 2000.

Quindi vuol dire che è nato nella "fase di mezzo", quella che vede in formazione il meglio del meglio, cioè Cambuzat Manchion e Dainese. Non me ne voglia Sommacal (che apprezzo). Non è il loro disco migliore, perchè Végétale (qui su Deb malrecensito e valutato superficialmente perchè ancora non "compreso" dal sottoscritto) ha qualcosa in più, ma di sicuro è il disco con la miglior produzione. Dove anche uno sporco feedback suona come una dolce carezza (ed accompagna come sottofondo quasi tutta "Santa Lucia") e "l'istinto" di Dainese quasi quasi diventa visibile [come nella ballata (?) basso e voce dove Cambuzat mette seriamente a rischio la mia virilità (alla faccia dello screamo in francese)].

Questo è il gruppo il più sottovalutato degli ultimi 15 anni. Su last.fm ad ascolare un altro dei loro dischi più "accattivanti", cioè "2 Degrees", siamo solo in 48 stronzi. In Italia ha sempre suonato per un pugno di persone, salvo che nel tour come gruppo spalla dei Marlene Kuntz, dove le loro esibizioni, di riflesso aumentavano il gradimento verso le esibizioni dei Marlene ormai già stanchi e demotivati. E intanto i Blonde Redhead in america facevano i soldi.

Ah, dimenticavo, gli Ulan Bator spaccano i culi.

PS: precisazione per chi ha due cazzuolate di cemento in testa, non è un disco kraut rock, non è un disco post rock, non è un disco noise rock.

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