È difficile non notare la copertina in mezzo alle altre, un intenso magenta che risalta, come contorno per una lampada che emana una luce fioca e malaticcia, quasi avvolta nella nebbia. Già la nebbia. Questi tre ragazzi di Pavia ne mangiano in quantità industriale, fitta ma così tenera che si taglia con un grissino. Ti penetra nelle ossa nei freddi inverni della Pianura Padana e ti condiziona l'umore. Lo so bene io.
Con questa piccola premessa è forse più facile comprendere la musica degli Ultraviole Makes Me Sick, un'ottima miscela tra post-rock creato su arpeggi dilatati di chitarra che si intrecciano stile Mogwai (spesso fanno a meno del basso), psichedelia, jazz, slow-core, melodie in bilico tra malinconia ed intimismo. C'è poi quella batteria jazzy suonata spesso con la spazzola, mai picchiando, giocando molto tra piatti e controtempi, come nel sublime finale di "Hearts and Minds Out Of Tune And Reversed" dove sembrano prendere il pentagramma a metà della canzone e capovolgerlo. Quasi un messaggio satanico à la Black Sabbath. Il tutto riconduce a certi lavori dei Tortoise, meno sedotti dall'elettronica, ma qua sarebbe meglio fermarsi. Prima di tutto si rischia di oscurare gli effettivi meriti del trio pavese e poi perché nel 2005quasi2006, parlare di post-rock sembra essere un'eresia e si è fuori moda, roba da decennio scorso. Figuriamoci poi se a suonare questo tipo di musica è un gruppo italiano - "costretto" tra l'altro ad incidere l'esordio "Soundproof "su etichetta australiana (CameraObscura, ora però sono su Urtovox) per avere un minimo di visibilità - e lo si paragona ai mostri sacri citati prima. Io me ne sbatto le maracas dei paragoni e del resto, sprofondo nel crogiolo psichedelico di "Intimacy Is Jazz, Disturbance Is Art" e sorrido, ma non troppo, quando sento sussurare le parole di "Counter-Clockwise" che fanno: "Bad Moon Rising, night drives along the 'autobahn', French fries in Belgium, Klaus Kinski, Chocolate cookies, Belgian county", perché forse parlano anche di me.
È il primo episodio con la voce di un cantante (Andrea Ferraris, ospite su questo disco) ed una forma canzone più popular, strofa-ritornello-strofa etc. Infine, gusto per l'improvvisazione e il free-jazz nella conclusiva "[. . . ]" a suggello di un lavoro curatissimo, ricco di particolari e sfumature da scoprire piano piano.
Ora non resta che chiudere finestre e tapparelle, assicurarsi che non filtri quella fastidiosa luce, spalmarsi una bella cremina protezione 30 perché non si sa mai, chiudere gli occhi e inseguire quella lampada nella copertina, che è ormai diventata un'affascinante medusa, impalpabile ballerina nel mare di nebbia degli Ultraviolet Makes Me Sick.
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