Gli Uriah Heep, dopo lavori piuttosto sottovalutati tipo "Equator", "Head First" e il buono "Raging In Silence", nel 1991 si rimboccarono le maniche e diedero alle stampe "Different World". La line-up era composta dai veterani Mick Box alla chitarra e Lee Kerslake alla batteria, Phil Lanzon alla tastiera, Trevor Bolder al basso e Bernie Shaw alla voce. Come notate mancano, purtroppo, il grande cantante David Byron e Gary Thain al basso, entrambi scomparsi, e il tastierista chitarrista Ken Hensley, che lasciò la band negli anni Ottanta. Nonostante questo, gli Uriah Heep di "Different World" sono ancora veramente in forma e riescono a dare tante emozioni come negli indimenticabili capolavori degli anni Settanta.

Lo stile della band si è un pochettino modernizzato, adeguandosi alla nascita di nuovi generi tipo il glam e l' AOR metal, che in quel periodo stavano davvero spopolando nel mondo. Questo disco comunque ottenne un discreto successo, certamente non arrivando alla fama di "The Magician's Birthday", anche perchè venne un pochino sottovalutato dalla stessa band e dai fans.

"Different World" parte subito con il botto, cioè con l'energica "Blood On Stone", aperta dal possente riffone e dallla buona tastiera. Questa canzone riesce a dare adrenalina e carica sin dalle prime note, grazie alla passione e alla bravura del gruppo.

"All God's Children" possiede un'atmosfera veramente persuasiva grazie alla voce commovente e particolarmente comunicativa del vocalist. Il ritornello a mio modesto parere è da brividi! La quarta traccia è la melodica e coinvolgente "All For One", ricca di phatos e di irresistibili sonorità AOR, forse uno dei vertici del disco. Il cantante Bernie Shaw sembra non farci rimpiangere l'indimenticato Byron, regalandoci emozioni a non finire, dove esplodono nel bellissimo refrain. Sublime.

La titletrack, proposta molte volte nei live, è un'altra eccellente prova, che mantiene incredibilmente il cd su altissimi livelli. Una ballad che mi fà rivenire in mente perfino certi brani dei Queen, ovvero una canzone piacevole che sembra quasi accarezzare l'ascoltatore con la sua disarmante bellezza.

"Seven Days" profuma molto di hard rock americano. "One By One" e "Cross That Line" ci fanno ritornare su alti livelli, dove la potenza hard rock e la melodia dell' AOR si combinano magicamente nei ritornelli catchy. Un commento a parte lo meritano i malinconici ed emozionanti assoli di Box, che danno così un pizzico di pathos in più.

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