No, non sono gli Uriah Heep con Byron, e neanche quelli con Ken Hensley.

Stranamente però, questo disco suona fresco come pochi altri album prodotti da gruppi vicini ai cinquanta anni di carriera. Parto direttamente col dirvi il mio giudizio su questo "Living The Dream" perchè trovo estremamente difficile iniziare a parlare di un disco degli Uriah Heep nel 2019, rischierei di diventare logorroico e noioso dopo neanche le prime dieci parole, dopo tutto ciò che è stato detto su questo fenomenale gruppo negli ultimi anni.

"Se questo gruppo ce la farà, io dovrò suicidarmi!"

Così diceva la giornalista Melissa Mills nel 1970, ascoltando "Very Eavy...Very Umble", frase che va analizzata per capire quanto gli Heep fossero sottovalutati all'epoca e mal veduti dalla critica, pur consegnando fra il 70' e il 75' ben otto dischi che ancora oggi sono da ritenersi cardini per l'Hard Rock e il Progressive Rock in generale. Tante formazioni, tanti dissidi e pause lunghissime, ma il chitarrista Mick Box è ancora qui. E come il titolo dell'album, sta vivendo il sogno, un sogno durato molto che ancora è capace di emozionare lui e chi ascolta i dischi degli Uriah.

Ma come per tanti altri gruppi degli anni 70' come Deep Purple o Magnum ancora attivi al giorno d'oggi, qualcuno potrebbe pensare "Perchè continuano a tirar fuori dischi su dischi? Lascino spazio alle nuove leve!" E qui potreste trovarmi d'accordo, se non fosse per il fatto che Box e soci di fare un disco brutto almeno da quel "Sea Of Light" del 1995 non ne vogliono proprio sapere, e un po' di nostalgia sopratutto se fatta bene, non fa mai male. Dopo i problemi di alcolismo con conseguente morte da parte di David Byron, cantante che aveva contribuito con grande influenza sul successo degli Heep negli anni 70', e il periodo più easy listening degli anni 80' (senza scordarsi però dell'ottimo "Abominog" ), il reclutamento del cantante Bernie Shaw sembrava aver ridato nuova linfa alla band, che dopo due dischi più che buoni (Raging Silence 89' / Different World 91' ), risalì la china tornando quasi ai fasti di inizio carriera. Arrivati al giorno d'oggi, gli Uriah Heep sembrano non aver perso neanche un briciolo di quella giovinezza e fantasia che li ha sempre caraterizzati, particolarità che si sentono distintamente su questo "Living The Dream".

Affidatisi ancora all'esperienza del produttore Mike Paxman, tocca a pezzi come "Take Away My Soul" e "Grazed By Heaven" far capire che seppur nel 2018, il sound tipico degli Heep non è mai svanito. Un ottimo lavoro di batteria da parte di Russel Gillbrook e altrettanto coinvolgente la prestazione di Phil Lanzon alle tastiere, che ricopriranno un ruolo di protagoniste assolute assieme alla chitarra di Box in tutto il disco, risultando un accoppiata vincente. "Water's Flowin" riporta prepotentemente agli anni 70' con quel suono mistico, leggero, che potrebbe richiamare alla memoria di molti quella famosa "Lady In Black". Paragoni a parte, un gran pezzo assolutamente non scontanto e prevedibile, nel quale Bernie Shaw si ritaglia uno spazio in cui esprimersi al meglio. Più dirette, ma non per questo semplici, sono "Falling Under Your Spell" e "Goodbye To Innocence", che mettono da parte per un attimo le sonorità più progressive, lasciando Mick Box esprimersi al meglio anche in territori esplorati meno nella carriera degli Uriah Heep. Tutto il contrario invece è "Rocks In The Road", lunga ed elaborata sopratutto nella parte centrale che, come detto ad inizio paragrafo, fa ricoprire il ruolo di protagonista alle tastiere di Phil Lanzon, ma che nella parte iniziale mette in mostra le abilità complessive di tutto il gruppo.

Vorrei dire che l'ottima riuscita di questo album sia una gradita sopresa, ma non lo è. Già con i precedenti "Outsider" ed "Into The Wild" gli Uriah Heep avevano dimostrato nonostante l'età di avere ancora parecchi assi nella manica, e "Living The Dream" non fa assolutamente eccezione. Al ontrario di molti altri loro colleghi che arrivati a un certo punto di carriera decidono improvvisamente di cambiare e virare verso altri lidi musicali, quasi mai senza successo, gli Heep riescono a confermare il loro ottimo stato di salute senza però suonare "vecchi".

Assolutamente una piacevole sopresa. E si attende il prossimo...

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