Canzoni della Cupa è l’ultimo disco di Vinicio Capossela, anche se definirlo disco è un po’ troppo riduttivo dato anche lo spessore dell’autore che definirlo poliedrico è dire poco.

Difatti le 28 canzoni sono più assimilabili a 28 racconti che attingono alla tradizione popolare e geograficamente riconducibili al sud Italia.

Ed è proprio questo territorio che ha da sempre caratterizzato ed influenzato Capossela, al punto tale che se fosse nato in America avrebbe potuto prendere il posto di Bob Dylan o di Lou Reed. Invece Vinicio, pur nascendo ad Hannover, si fa permeare da sempre dalla musica d’oltreoceano ma con le radici nella canzone popolare facendola assurgere ai massimi livelli.

Questo progetto parte nel lontano 2003 data in cui è stata composta Femmine che apre la prima parte del disco (Polvere). Proseguendo, si incontrano una serie di personaggi della cultura contadina o balzati fuori da Il Paese dei Coppoloni, libro e film al quale è impossibile non pensare quando si ascolta questo disco. Ci si imbatte in figure femminili che sono parte integrante del sud e che hanno caratterizzato le leggende e le tradizioni di un popolo, come la strega, la padrona della masseria, la sposa e la donna sensuale.

La seconda parte del disco (Ombra) ci racconta di creature che appartengono all’immaginario popolare, create per impaurire i bambini ed anche gli adulti che avrebbero voluto sottrarsi alla vita faticosa di campi o alla monotonia del paese. A volte svolgevano anche la funzione di psicoanalisi, come ad esempio ne Il Pumminale c’è il verso “Se hai un demone dagli un nome, non scappare non lo rinnegare, se hai un diavolo dagli un nome, battezzalo e fallo compare”. In questo caso il Pumminale rappresenta il licantropo in cui noi ci trasformiamo quando usciamo di notte per dare sfogo agli istinti più bestiali. Insomma, creature che trovi nella Cupa, nel male raffigurato nell’iconografia religiosa che al sud si mescola da sempre con i riti pagani e che sono stati tramandati di generazione in generazione con canti e filastrocche.

Oppure come in questo disco, con poesia in musica.

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