Oggi più che mai il mondo e´ un ghetto nel significato del termine che descrive una condizione limitante lo sviluppo delle attività di gruppi di persone per bloccarne l´incidenza sociale.
Nei primi anni `70 il gruppo californiano multietnico War aveva deciso di “dichiarare guerra” alla segregazione razziale e alle indecenti ingiustizie della opulenta e ipocrita società americana.
Detto fatto: nel novembre del 1972 Jerry Goldstein produce per la United Artists Records il terzo album in studio dei War. Per essere precisi si tratta del primo dopo che la strada del gruppo si e´ separata da quella del grande bluesman di Newcastle Eric Burdon, che dopo il folgorante esordio con gli Animals si era trasferito in California per seguire le nuove influenze musicali e continuare la sua strepitosa carriera. Ma questa e´ un'altra bella storia.
La formazione dei musicisti e´ a dir poco stellare: Howard Scott chitarra, percussioni e voce; B. B. Dickerson basso, percussioni e voce; Lonnie Jordan organo, piano, timbali, percussioni e voce; Harold Brown batteria, percussioni e voce; Papa Dee Allen conga, bongo, percussioni e voce; Charles Miller voce, clarinetto, sassofono contralto tenore e baritono; Lee Oskar armonica, percussioni e voce.
Il viaggio comincia con “The Cisco Kid” con la sua linea di basso sostenuta dalle percussioni, mentre il ritornello “the Cisco Kid was a friend of mine” invoca l´antieroe messicano Cisco Kid che in sella al suo cavallo d´acciaio deve portare soccorso agli sconfitti dalla vita. Ed ecco che arriva la lunghissima strumentale “City, Country, City” con la sua atmosfera blues che vira lentamente verso una jazz fusion, dando il tempo (il brano dura oltre 13 minuti) a tutti i componenti di fare il loro magnifico assolo. Ed eccoci a “Four Cornered Room” dove il blues del Delta la fa da padrone. Si chiude con la spiritualità di “Beetles in the Bog”, una sorta di canto tribale che affonda le radici in Congo Square a New Orleans, la dove ha avuto inizio tutta la musica afroamericana che conosciamo e che amiamo.
La bellissima prima di copertina del disco e´ stata disegnata da Howard Miller su un concept design di Lee Oskar. Diventiamo subito testimoni di una vivida scena della vita nel ghetto, con i suoi colori, addirittura sembra quasi di percepirne i rumori e di annusare i suoi afrori. Gi avventori di Joe stanno gustando i suoi hamburgers comodamente appollaiati sui loro sedili. Dalle finestre di fronte si intravedono le vite degli altri, compresa quella del tizio che si sta sparando una pera dietro una tendina oscurante. Sul tetto dell´edificio più basso si vedono due gatti in amore che si stanno per azzuffare. Nell´angolo destro dell´edificio più alto ci sono due innamorati che si sbaciucchiano dietro un bidone dei rifiuti. In primo piano staziona una Roll-Royce con una gomma sgonfia, perché nel ghetto non valgono le regole del mondo di fuori, le regole delle persone con la grana. Nel ghetto sopravvive solo chi e´ cresciuto nel ghetto. Noi dobbiamo chiedere il permesso per entrare.
Come sempre buon ascolto dal vostro DJ DottorJazz.
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