“Amara pena mi stringe la gola,

pigra è la lingua, bilancia del canto.

Più non riesco dal fondo del cuore

il mio tesoro di strofe a evocare.”

La Poesia, presso le antiche corti vichinghe, era cantata dagli Scaldi, l’Arte che si prendevano l’onere e l’onore di rappresentare, aveva alla base (ma non solo) soggetti della tradizione mitologica scandinava, erano però anche guerrieri all’occorrenza ed al tempo stesso eruditi e raffinati attori e cantori. Premessa scontata in verità, lo ammetto, però non sapevo come introdurre questo nuovo viaggio del nostro Einar Selvik, vecchia gloria del panorama estremo norreno (alias Kvitrafn) e successivamente ardito esploratore delle radici profonde dell’antica tradizione delle sue terre con il progetto in questione e con altre blasonate collaborazioni.

I suoi Wardruna stavolta lasciano spazio soltanto al loro creatore e mentore, questo lavoro infatti è solo voce e un antico strumento a corda tradizionale (tagelharpe in norvegese), una sorta di piccola arpa lignea che si può ammirare anche nelle foto promozionali. Qui comincia la parte difficile, difficile ma affascinante allo stesso tempo, non ci girerò attorno e chi ha letto come scrivo qui sopra sa che di solito non amo fare erudite recensioni sulla tecnica e su ogni singolo pezzo, come ho già scritto in passato, credo che la musica sia impossibile da “scrivere” e tanto meno da “descrivere”, ciò che si può tentare umilmente di fare è dire quello che il flusso emotivo ha fatto correre dentro e fuori di noi e soprattutto quello che è rimasto dopo che voce e note hanno smesso di riempire gli spazi. Bene, in questo caso si tratta di un autentico viaggio a ritroso, un vero viaggio però, non come nei pur ottimi precedenti lavori (la trilogia sulle Rune), una sorta di autentico rito di collegamento col passato ancestrale dei Bardi, fino a risalire alla tradizione antica degli Aedi greci, cantori che erano considerati prossimi all’essenza divina, spesso rappresentati omericamente ciechi, profetici e ispirati direttamente dalle Muse.

Si inizia col corno rituale e la voce profonda dello Scaldo entra subito nel vivo del suo lavoro, pezzi come “Voluspa” poi, vi faranno sentire la vera essenza della Profezia della Veggente esattamente come la ascoltavano i Vichinghi, popolazione che non aveva l’idea di un Odino urlato dall’ugola distorta del Black Metal o dalle corde di una chitarra elettrica! Selvik qui vuole anche riproporre alcuni brani già in uso dai suoi Wardruna ma sempre in questa chiave, qui non troverete altro che la ruvida musicalità della sua lingua madre, l’arpeggio nudo e l’ispirazione degli Dei fanno il resto. L’album si muove su questo soffio lento e possente, fino all’apoteosi della controversa “Sonatorrek”, quasi sedici minuti di sola voce presi dalla Saga di Egill, struggente “lamento” per la perdita dei figli (cui riporto stralci all’inizio e alla fine di questo mio resoconto), pezzo che mette alla prova chi davvero non ama più che visceralmente lo Spirito nordico con annesse tradizioni, antica religione e radici ancestrali. Altre notizie su come quest’opera sia stata registrata “live in studio”, le troverete sui vari siti dedicati e su quello ufficiale.

In conclusione, questo è un album per pochissimi, qui c’è l’anima antica di un popolo, ci sono la voglia e la pura passione di fare un album coraggioso, un oltre-album che riceverà più di una critica a mio avviso, qui non troverete le accattivanti cavalcate da serie TV vichinga (a cui pure Selvik si è dato), non troverete Folk-Rock, Viking-Folk BM o ambient elettronica decadente, non c’è nulla di ruffiano o di ammiccante nemmeno nell’estetica del disco, qui c’è solo un Folk purissimo e autenticamente senza tempo. Qui, se vorrete, sentirete “solo” il vero distillato della tradizione orale dalla quale viene e si è sviluppata la Cultura di ogni popolazione; personalmente non posso non amare alla follia questo lavoro, il mio inverno è finalmente iniziato e Wardruna è quello che attendevo con ansia, mai avuto dubbi che mi avrebbe fatto fare viaggi straordinari, come non ho dubbi che sia un capolavoro.

“Grata non m'è la compagnia degli altri,

anche se molti non mi sono ostili.

Penso a mio figlio che ha raggiunto Odino

quel bravo ragazzo s'è riunito agli avi.”

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