Non leggete questa recensione, non lo fate. Il mio non vuole essere un monito, ma un suggerimento per entrare in sintonia su chi si cela dietro alle tre parole Wear Your Wounds. Se siete di buon auspicio per accettare questo consiglio, allora sappiate che prima di avventurarvi tra le mie parole dovete fermarvi per una manciata di minuti e dirigervi qui: Rungs in a Ladder: Jacob Bannon.

Un mini-documentario che vi porta all'interno del mondo e la mente del deus ex machina della scena hardcore americana molto più di quanto lo possano fare le mie parole. Wear Your Wounds è l'acronimo in cui si racchiude l'essenza più introspettiva di Jacob Bannon. È il lavoro di una vita, letteralmente, dati gli anni spesi sul progetto a registrare insieme ad amici e collaboratori fidati. Nell'ermetismo dell'indossare le proprie ferite c'è la sintesi del pensiero dell'artista di Boston. Non un ragionamento complesso, tuttaltro:

"It's just a metaphor that came out that means positively wearing your damage and experience in life, coming out on the other side, and to be proud of the person you are in some capacity."

Il punto di partenza per le coordinate su cui la creatura "WYW" si muove è dunque stabilito. La mappa sulla quale orientarsi è composta da tutti i piccoli frammenti che vanno a comporre lo squarcio sulla realtà di Bannon. Uno sguardo che non è così distante da quando le vesti sono altre, quelle dei Converge. La differenza è meramente nell'esecuzione, non nel ragionamento che sorregge un'impalcatura composta minuziosamente, ritaglio dopo ritaglio dalle prose scritte con il cuore in mano da Jacob. Quest'ultime non sono il punto di partenza, ma la bussola che vi guiderà pulsante lungo tutta la dorsale di "WYW": un lavoro nato per essere liberatorio, cicatrizzante e cucito ad hoc sulla pelle del suo stesso artefice. Le architetture qui presenti sono delle conversazioni tra Bannon e... Bannon stesso. Una testimonianza emotiva di ciò che è la sua vita, il tutto raccontato con l'eleganza delle parole rintracciabili anche nelle urla dilanianti che, di solito, dominano la scena nei Converge. La lotta interiore di Jacob e la sua perenne voglia di approfondire relazioni, perdite, significati negli avvenimenti del quotidiano sono qui devote al lo-fi e a delle litanie soffuse che, forse, colpiscono ancor di più rispetto all'esasperazione a cui le sue corde vocali sono sottoposte da oltre un ventennio. Wear Your Wounds spoglia Bannon dello strato urticante e lo lascia nella sua intimità più fragile e sofferta.

Avete intuito che, sebbene i pilastri su cui il lavoro si costruisce siano essenziali, la destinazione finale non è di quelle più semplici da raggiungere. La complessità del viaggio è tipica di chi ha bisogno di perdersi per potersi ritrovare. La sensazione che si ha durante l'ascolto è proprio quella di lasciarsi abbandonare totalmente nella dimensione psichedelica e folk che impregna le composizioni di "WYW". Le ritmiche dilatate e cadenzate si abbracciano al cronico incidere profetico di Bannon. Si aprono così scenari in cui lasciarsi cullare dalla profondità di sentimenti e suggestioni appare come la chance migliore per stabilire un punto di contatto con l'universo atmosferico dipinto. I capitoli di "WYW" si scrivono sciogliendosi nella ricerca ossessiva al dettaglio. Ogni brano ha la sua peculiarità: che possa essere un uso allarmante dei synth, un vorticoso crescendo di chitarre o un tremolante sottofondo di pianoforte, "WYW" prende vigore e personalità man mano che gli ascolti procedono. Capitoli, per l'appunto, di un libro che svelano le diverse anime di Bannon. Non c'è solo una malinconica oscurità, ma un range emozionale che si dipana dai lidi più dolci fino ad acquietarsi sulle rive più sognanti, cavalcando quelle onde d'inquietudine necessarie per far vivere le sperimentazioni sonore.

Bannon, per concludere, nel documentario citato in apertura, raccontava:

"Non voglio creare altri danni a questo mondo. Sai? Non voglio. Il mondo è già suicida. Letteralmente, sta cercando costantemente di far diventare le persone qualcosa che non sono.
Non voglio far del male a ciò che amo, a cui tengo, o rispetto. Voglio solo ricambiare tutto questo in ogni via immaginabile."

Ecco, Wear Your Wounds è l'ennesimo dono artistico che Jacob ha partorito. C'è solo da goderne.

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