Ho beccato Weyes Blood per caso tra un ascolto e l'altro, caso che mi ha portato al primo brano del secondo album. 'Spetta, forse ho trovato qualcosa - mi dico - mi fermo qui e ascolto da fresco la discografia. Parto allora dal primo LP The Outside Room: molto interessante... dopo un secondo e un terzo ascolto: interessante una fava, questa è la scoperta dell'anno. Finisco l'ascolto degli altri dischi e quindi: i primi 4 album (compresi EP) sono, tra alti e bassi, ottimi, con The Outside Room e Cardammon Times come vette, dopo... capita che un artista dopo qualche album anonimo e poco originale passi a sprigionare la sua vera arte, capita anche che, dopo aver sprigionato la sua arte si abbassi a produrre banalità per carenza di idee/per vendere, e quest'ultimo è il caso della nostrissima Natalie Laura Mering.
Il lavoro che ho trovato più straniante e originale ma nello stesso tempo seducente e ipnotico è appunto il suo primo The Outside Room del 2011. Un folk psichedelico che riesce a coadiuvare sperimentazione e godibilità molto bene, una rarità. Gli "sperimentalismi" non sono fine a sé stessi, sono sempre (o quasi) asserviti alle "argomentazioni" e sono essi stessi argomentazioni. La percezione di libertà compositiva, che si traduce qui in suoni eterei, non convenzionali, sporchi, "disordinati", spontanei, in mezzo a linee melodiche semplici e immediate, rende l'ascolto più soddisfacente perché l'artista si apre completamente per come è, senza freni, senza pensare a nient’altro se non a sé stesso, e sei soddisfatto perché è sincero con te, non devi fare altro che abbandonarti ad ascoltarlo.
Questi viaggi allucinati (perché non si tratta di canzoni ma di esperienze extracorporee) ci trasportano in una specie di estasi, grazie alla voce di altri tempi della Mering e al massiccio uso di psichedelia, effetti e riverberi... appariranno paesaggi incontaminati che noi non vedremo dall'esterno, non avremo l'occhio analitico di un osservatore, al contrario, non avremo occhio, non avremo proprio, saremo, noi stessi saremo quei paesaggi, proveremo quell'"indefinizione" che si prova essendo qualcosa, e questi paesaggi non saranno tersi e sereni, ma freddi e uggiosi. I dolci costrutti melodici, laddove presenti, si contrappongono alle forti vampate di riverberi che li permeano e li circondano, ed è come immedesimarsi in ogni cosa presente in un paesaggio bucolico scosso dalla furia della tramontana, essere ogni foglia, fiore, pietra, ruscello, finestra lasciati in balia del vento, il tutto sotto una percezione dilatata del tempo che rende l'esperienza "R.E.M.". Laddove "Storms That Breed", "Romneydale" e "Candyboy" rappresentano un braccio di ferro continuo tra questi due "stili" (melodico ed effettistico/rumoristico) creando quella sensazione sopra descritta e lasciando intravedere una, seppur sfocata, struttura canonica, in "Lost In Dreams" e, specialmente, in "In the Isle of Agnitio" si spalancano i cancelli ai confini della percezione e prende piede l'onirico più radicale, l'allucinazione più straniante, delle forme indefinite che cercano di emergere dalle tenebre.

"Storms That Breed" è un valzer deflagrato da distorsioni che man mano si fanno sempre più soffocanti a discapito degli arpeggi di un organo acido e della voce sentenziosa e stanca di Weyes Blood, il tutto è come se si sforzasse a mantenere un'armonia melodica di fondo senza deragliare completamente verso il noise concreto. "Lost In Dreams" è pura astrazione, la musica è indefinita, scandita da un flebile arpeggio di chitarra e la voce è ricondotta a cori eterei anch'essi senza forma. "Candyboy" è una ballata di chitarra acustica sorretta da una ritmica basata su rumori e dilaniata da distorsioni di ogni sorta, il protagonista melodico è il canto elegiaco e commovente della Mering; chiude una lunga coda di organo strafatto di acidi. "Romneydale" è un'altra ballata onirica: procedono assonnate la chitarra e la linea vocale scandite da rintocchi, al ""ritornello"" si uniscono ululati di fantasmi che seguono la voce salmodiante, la quale procede afflitta in una via crucis di anime perdute. "In the Isle of Agnitio" è un viaggio nell'oscura e inestricabile selva del subconscio, la Mering si leva ogni veste da folksinger e si trasforma in una viaggiatrice della mente, ermetismo puro. "His Song" è un'altra elegia ermetica.

L'affinità che ho rilevato è, fatte le dovute proporzioni, con Nico; affinità presente nell'impalcatura gotica dei brani, nel particolare timbro vocale profondo e, forse più significativamente, nell'uso degli effetti sonori riverberati a ricreare quell'atmosfera di sogno/incubo e quell'aura maledetta (specie in "Lost In Dreams" e "In The Isle of Agnitio"), qui però le atmosfere sono più rarefatte e le melodie riecheggiano più onirico-epiche e meno spettrali, richiamando tempi lontani, a metà strada tra ballate folk medievali celtiche e canti gregoriani; il tutto è immerso in una pozione lisergica e fatto rallentare. Se Nico è la sacerdotessa delle tenebre la Mering è più come una maga in preda ad allucinazioni causate da esalazioni sulfuree, non farà fico come la prima ma è comunque notevole.
Se vogliamo evidenziare qualche difetto l’amalgama tra melodia ed effettistica pare un po’ grezza e in alcuni punti confusionaria, gli errori di esecuzione si sprecano, la sezione melodica è elementare e, mi collego al mio "quasi" di cui sopra, in alcuni tratti essa è abbastanza staccata sia strumentalmente che concettualmente dai rumorismi; il fatto però, è che questi "difetti oggettivi" al contrario rendono l'opera, dal mio punto di vista, ancora più "romantica" e "completa".
Quello che mi ha restituito quest’album, e che restituirà specialmente a tutti quegli animi un po' maledetti amanti dei folk-rock meditativi e onirici, è accostabile alla potenza di opere molto più blasonate, ragion per cui cerco di blasonarlo un po' da me.

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