Che palle, Flo, vai a sentire sempre le stesse cose. Ma ti pare il caso di scomodare il santo che ti sopporta (sempre sia lodato) per farti in macchina 400 chilometri e andare a vedere lo stesso gruppo per la terza volta? Non vorrai mica tornare alle 3 di notte col dottorato da finire tra un mese?

Sì, mi pare il caso. Metti che mi fossi persa la scaletta da sogno che hanno offerto al pubblico del Gran Teatro Geox lo scorso venerdì. Mi sarei come minimo mangiata le mani.

All'inizio ho sinceramente pensato che Jeff Tweedy fosse un po' sotto tono. Forse era colpa del pubblico seduto, forse era il primo ascolto di due canzoni nuove con cui hanno aperto il concerto, comunque piuttosto "tranquille": non saprei. Ma i Wilco mi sanno sorprendere sempre: non ho mai visto due concerti-fotocopia e anche le scalette cambiano ogni sera durante lo stesso tour.

Dopo Bright Leaves e Before Us del nuovo Ode to Joy in uscita a ottobre, arrivano le chitarre scandite dalla batteria di I Am Trying to Break Your Heart, che fa sempre la sua figura dal vivo e che invita subito il pubblico a storpiare le parole del ritornello. Fino a qualche anno fa la canzone sfumava spesso, dopo varie distorsioni, in Art of Almost, una vera esperienza mistica, che però ormai sembra essere stata messa da parte. La sostituisce un'inaspettata One Wing che di certo non la fa rimpiangere e che qualche brividino lo mette.

Un'altra canzone del nuovo disco (One and a Half Stars), piuttosto orecchiabile, e la mia preferita di Schmilco (If I ever Was a Child), poi calano un poker d'assi con Handshake Drugs, At Least That's What You Said, meravigliosa con quel crescendo centrale e su cui Nels Cline sfoggia tutta la sua maestria, una You and I che inizia con Jeff Tweedy da solo alla chitarra*, e Hummingbird che sa mettere di buon umore pure me.

La tensione è momentaneamente interrotta da un'altra canzone inedita (White Wooden Cross), prima del momento clou di tutto il concerto, con Via Chicago, che si apre celestiale ma che le chitarre distorte e la batteria di Glenn Kotche (che si diverte sempre un casino quando suona, e secondo me è alieno) amano disintegrare in più punti, spiazzando il pubblico ma non Jeff Tweedy, che rimette tutto in ordine alla fine.

How to Fight Loneliness è un capolavoro di eleganza, con gli accordi di organo e un raffinato assolo di tastiera (suonato però da Pat Sansone). Vi fa venire voglia di guidare in autostrada di notte a 150 all'ora e schiantarvi contro il primo platano. Si conferma, a mio avviso, una delle canzoni più belle dei Wilco.

Finita la rabbia, arriva l'ossessione di Bull Black Nova, a cui manca forse un po' la disperazione sul finale, ma resta comunque inquietante.

Su Reservations potrei aver pianto un po', ma non ditelo in giro.

Segue il nuovo singolo Love Is Everywhere (Beware), giusto per riprendere fiato prima del momento che tutti aspettano: Impossible Germany con il suo coro di chitarre e il solito Nels Cline. La gente si spella le mani per gli applausi, Jeff Tweedy si toglie il cappello davanti al Maestro degli assoli.

California Stars è l'ultimo momento "da falò" con chitarra e poco altro: segue infatti un finale meno triste, come annuncia lo stesso Tweedy, con Box Full of Letters, la nuova Everyone Hides, e un ripescaggio da Being There (Red-eyed and Blue, una delle mie greatest hits sotto la doccia).

Alla fine di I Got You (at the End of The Century) il pubblico sciama sotto il palco per Hold Me Anyway e una versione di Misunderstood che torna verso quella originale rispetto a quelle che ho sentito live le scorse volte.

Il bis è un crescendo che parte con Random Name Generator, il momento karaoke di Jesus etc., e poi The Late Greats, Heavy Metal Drummer (sempre divertente), e infine I'm The Man who Loves You.

Riportatemici domani, vi assicuro che ne vale sempre la pena. Mai uguali a se stessi, sempre divertenti e qualche colpo al cuore me lo danno sempre.

*A proposito della chitarra di Tweedy, leggendo la sua autobiografia Let's Go (so we can get back), mi sono imbattutta in questa definizione: "

I need a guitar with strings that don’t sound like a twenty-year-old who wakes up at five a.m. and has a venti iced Americano and is ready to seize the day! I need strings that sound like me, a doom-dabbling, fifty-year-old, borderline misanthrope, nap enthusiast".

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