In fin dei conti il "vintage" sta tornando di moda. Gli anni '60 e '70 sembrano dietro l'angolo. Qualcuno torna a vestirsi come Jim Morrison e Janis Joplin, la modernità inizia quasi a starci stretta, i suoni computerizzati anche, quasi si volesse tornare a quell'antico splendore che ha plasmato il mondo musicale, ma che ha largamente influenzato tutta la cultura occidentale degli anni a venire. Il nuovo album degli inglesi Wolf People fa parte di questo revisionismo musicale che ha come luce all'orizzonte i Jethro Tull e gli altri grandi del genere. Inevitabile citare i Jethro Tull, soprattutto se si ritorna alle note del precedente e interessantissimo "Steeple", in cui i Wolf People dimostravano capacità, rielaborazione dei "miti" e una personalità da non trascurare. Ecco, con il nuovo "Fain" quell'appoggarsi ai "miti delle origini" perde di importanza, o almeno questo ci dicono i nostri lupi.

Perchè? Il nuovo lavoro, pur indubbiamente sulla scia del predecessore, ha una compattezza diversa, un songwriting maggiormente personale e quindi un groove che seppur delicatamente si discosta dai Jethro Tull (proprio a voler scomodare gli Dei, coloro a cui più spesso vengono associati). Il parallelismo con "Steeple" è presto fatto: pezzi come "Tiny Circle" e "Silbury Sands" in questo "Fain" non trovano spazio. Semplicemente meno folk e più rock. Si pensi all'immediatezza di "When The Fire Is Dead In The Grate" o alle fascinazioni decadenti di "Athol", senza dimenticare il return back nei seventies di "NRR". Tutti brani di buona fattura, che sembrano più episodi comunque isolati, al cui fianco si trovano le vere perle del trademark della band: quelle ballate psych da cantina e brughiera inglese che tanto avevano inzuccherato "Steeple". E' il caso di pezzi quali "Empty Vessels" e "All Returns", le due canzoni piazzate a darci il benvenuto. Ma il vero gioiello è "Hesperus", soffusa e dominata dalla voce di Jack Sharp. Un trip campestre tra la nebbia inglese, con quelle melodie chitarristiche che richiamano alla mente addirittura i Maiden del periodo più epico. Stessi lampi psichedelici nella splendida "Thief", esemplificazione dello stile dei Wolf People.

Il nuovo parto dei Wolf People è ancora una volta la dimostrazione della qualità del songwriting del gruppo britannico. Pochi fronzoli, nessun tipo di sofismo musicale, ma idee ben precise. "Fain" ha il riverbero rock dei tempi che furono, pur essendo un lavoro che di certo non scalfirà questo mondo musicale. E' un disco di consapevolezza artistica, di buona musica, del vecchio folk-rock che tanto abbiamo amato. In fondo un breve ritorno al passato è sempre gradito, soprattutto nel nuovo "boom" del vintage.

1. "Empty Vessels" (4:58)
2. "All Returns" (4:50)
3. "When The Fire Is Dead In The Grate" (6:35)
4. "Athol" (5:39)
5. "Hesperus" (7:01)
6. "Answer" (3:06)
7. "Thief" (7:01)
8. "NRR" (5:18)

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