Non sono in pochi a ritenere che "Tejas" (1977) sia il miglior album dei texani ZZ Top. Io credo che, anche se effettivamente non lo è, poco ci manca.

Gibbons, Hill e Beard, all’epoca di queste registrazioni, dovevano essere particolarmente ispirati e molto, molto preparati. Un album così ragionato e pieno di spunti, per chi si accingeva ad entrare in studio per la quinta volta, doveva essere frutto di incontri, chiacchiere, prove, discussioni e un certo clima. Anche quello atmosferico che, si dice, in quegli anni stesse rendendo la vita impossibile alle popolazioni di quelle latitudini. Avranno anche preso il bue di copertina per le corna, lo avranno calmato e coinvolto nel preparatorio dibattito su come trovare nuova ispirazione per raccontare la propria terra, questa volta tutta la loro terra, sempre attraverso aneddoti riguardanti personaggi e storie di quello che era il vecchio west, ma stavolta con una proposta musicale un po’ più orientata alla ricerca. "Tejas" diventa così un disco territoriale, che varca i confini di ranch, motel e birrerie, per allargare il panorama su canyon e una wildlife sorniona e solo apparentemente sonnacchiosa. Un ritorno alla natura di Rio Grande Mud che va oltre la voglia di Fandango.

Su questi presupposti si assiste ad un lieve ma intenso cambio di stile che regala più profondità ai brani proposti dalle barbe. Blues, boogie e southern rock sono sempre presenti ma cambia il tono di voce che si fa più d’autore, sperimentale e meno dirompente, manifestando una voglia matta di esplorare ed aprire nuove strade. Ma ritorniamo un attimo all’artwork. Illustrazione ad acquerello che sembra ritrarre il momento in cui nasce il giorno, mentre un bue rumina tra i cespugli e la luna inizia a perdere il dominio della volta celeste. Il tutto in una valle dai monti erosi nei secoli. Le bucoliche in salsa piccante, verrebbe da pensare. Ma sicuramente il miglior contesto e l’ora perfetta in cui ascoltare questo disco. Anche se alcuni episodi non mancano, questa non è più musica da interno giorno. Questa è musica da esterno notte che può accompagnare i cowboy attorno al fuoco, in un periodo di migrazione delle mandrie.

Il riff calmo e irresistibilmente sicuro, che apre l’opener "It’s Only Love", sembra proprio inaugurare la stagione del desert rock e consolida la posizione di Gibbons tra i più grandi chitarristi (per ispirazione) a stelle e strisce. I solos di tutto l’album valgono l’acquisto del disco originale. Hill & Beard sono la premiata ditta che, anche dopo una pantagruelica mangiata, sarebbe in grado creare ritmo per ore ed ore. Dopo il chitarristico blues dal titolo che mi fa ridere di gusto, "Arrested For Driving While Blind", c’è "El Diablo". Il brano è una fenomenale favola sull’uomo nero, diciamo così, per mandriani in cerchio che respingono l’escursione termica notturna scaldando il corpo davanti ad un falò e l’animo con una storia da tramandare ai figli. Le atmosfere da racconto che aprono il brano si fanno man mano più rarefatte, misteriose ed oniriche, con un pregevole lavoro di chitarra sblusata e lievemente distorta, mentre Beard trova il modo di fare da contrappunto pestando in maniera inquietante sulla batteria. Una delle migliori canzoni della carriera degli ZZ Top.

Il trio va anche alla ricerca di punti di contatto con i rock altri dell’epoca amalgamando suoni blues e country con basi hard evolute per i tempi e molto tecniche, ottenendo ottimi risultati con "Snappy Kakkie" ed "Enjoy And Get It On". Soprattutto la seconda, alterna fasi hendrixiane a menestrellate tipiche della doppia Z. "Ten Dollar Man" è un rock rabbioso e a tratti ipnotico, strapazzato dalla batteria. Giunti alla sesta traccia sarà facile riflettere anche sui sei diversi tipi di voce con cui Gibbons ha sollecitato le proprie corde vocali. Doti canore di questo tipo sono difficili da trovare in questo tipo di gruppi. Con "Pan Am Highway Blues" il blues mette l’anello nuziale all’hard rock, facendosi accompagnare da strimpelli hawaiani. Il terzetto di chiusura è molto particolare. "Avalon Hideaway" e "She’s A Heartbreaker" continuano a segnare la felice unione di blues e country con il rock duro. Ma è con "Asleep In The Desert", chiusa strumentale di questo album, che gli ZZ Top rendono omaggio alle sonorità ispaniche già abbondantemente penetrate nel tessuto sociale del sud degli states. Si tratta di un country tango riservato e desertico, che continua sulla falsa riga di El Diablo.

Mi piace questo "Tejas", forse l’album più personale di una band alla quale sono legato a doppia mandata.

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