Spazziamo subito via due argomenti che qualcuno potrebbe sollevare su questo nuovo, bellissimo disco di Abissi. 1. Abissi suonano non come i Verdena, ma meglio dei Verdena, che ormai, troppo presi a cercare magia (per citare il titolo del nuovo imminente album) hanno perso la rotta da un bel po’ (da Wow in poi) su quello che doveva essere un tracciato ben preciso su cui hanno fatto fortuna; il rock da sberle in faccia. Ecco, Abissi, subito dal primo brano (Bilocazioni, power pop con chitarre elefantiache che sferzano la forma canzone) mettono le cose in chiaro. Rock, con i suoi derivati (stoner in primis, ma anche metal, doom, e punte psichedeliche da urlo) è il verbo. Verbo che ci propongono con grande personalità. 2. Bollare la band come un scimmiottamento dell’enciclopedia stoner e affini (Queens, Kyuss) o grunge (Nirvana) o simil grunge metal (Melvins) è un giochino per gente poco lungimirante. Abissi, con la loro voglia di andare “oltre”, di esplorare, appunto, abissi, aprono porte inusuali per la violenza sonica dei gruppi e dei generi musicali suddetti. Le porte che spalancano, grazie a una voce che sembra venire da un altro spazio, un altro tempo, e a divagazioni psichedeliche, vanno al di là di derivazioni. In più anche la scelta di cantare in italiano aiuta. Perché si sa, l’italiano non è l’inglese, e il cantante di Abissi non è né Layne di Alice, né Josh dei Queens. Clap clap ad Abissi. No compromise! E avanti così.

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