Ero giovine e non avevo alcun criterio di acquisto per i miei dischi, gli unici due fattori che vagamente mi condizionavano erano le copertine e gli “Special price”.

Non ho mai voluto criticare questo metodo primitivo che, seppur un po’ adolescente, nel tempo si è rivelato utile e divertente. Acquistando in tal modo, o in assenza di un modo, si ampliano gli orizzonti musicali - si ampliano forse troppo - si forma un gusto complesso e si scopre musica di altre generazioni e provenienze (gli LP in offerta sono quelli) e non quella omologata da MTV.

Parlando degli AC/DC… costoro entrarono nella mia vita proprio tramite questa balzana modalità. Dopo aver assistito ad un disgustoso film chiamato "Brivido", un giorno tra le tante copertine di un “cestone” da supermercato, rilessi e ricordai il nome di quei santi protettori, che mi tutelarono dalla perdizione totale durante la visione dell’obbrobrio, e passai all’acquisto. Ricordo il grande aiuto della colonna sonora per assorbire indenne gli 80 minuti di indecenza proiettata, a fronte di quelle immagini, le note celestiali dei nostri parevano un capolavoro! Tornato alla realtà capii che quello non era proprio il vertice compositivo degli AC/DC ("Who Made Who"), ma che in ben altri lidi risiedevano le proprietà di quel gruppo. Sarà che non vengo da una impostazione prettamente Rock, ma non ho ancora capito come mai un album come "Powerage", che io ritengo tra i più validi degli AC/DC, passi spesso in secondo piano, offuscato da altri decisamente mediocri ("For Those About To Rock"). A dimostrazione di quanto vado dicendo è da registrare l’assenza di "Powerage" tra le attuali recensioni.

"Powerage" è un album splendido che trova degli AC/DC in forma e decisamente nel loro momento più creativo, un album che segue un "Let there be rock" grezzo e fracassone (e ciò non è un male) e, purtroppo, precede l’avvento della rovinosa collaborazione con Jhon Mutt Lange che, è mio parere personale, pulirà eccessivamente il sound del gruppo. Il disco è breve e corre veloce, ci sono 9 canzoni ed in qualche misura 9 singoli… sinceramente ci sono anche dei momenti dove l’album cala leggermente ma sono fisiologici brani transitori, che fungono da necessario cuscinetto tra pezzi rock che sono vera storia (Riff Raff, Sin City, Up To My Neck In You).

Quel che si apprezza da subito di questo prezioso lavoro è la maggior varietà che presenta e grazie alla quale ogni pezzo è ben distinto dagli altri, cosa eccezionale tenuta in considerazione l’ottica rock degli AC/DC (nauseabonda e irrefrenabile ripetizione). Si parte da "Rock’n’Roll Damnation" che più che una song è un inno dal ritmo non esasperato ma coinvolgente. Ecco subito un blues corposo, quello di "Down Payment Blues", che cresce lentamente sino al finale in cui Malcolm rimane nudo con la sua chitarra. Da sottolineare l’interpretazione del mai troppo compianto - almeno personalmente – Scott. Si sviluppa la tematica del povero straccione pieno di debiti e dissolutezze che campa solo con la forza del suo blues. Segue "Gimme a Bullet", un ritmo sciampagnino deciso e incalzante, bel sound diverso dalla consuetudine. Ecco poi due gemme in cui gli AC/DC si dimostrano signori e padroni della più alta sapienza rock: "Riff Raff" è qualcosa di clamoroso, ora si che il ritmo tira e nessuno può resistere, nessuno può stare immobile. Con il fiatone si arriva all’attacco di "Sin City", bhè che dire, conciati come siamo solo quel riff potente e ruffiano può farci proseguire sostenendo il ritmo forsennato della corsa. Dopo la città della perdizione affiorano “pace” e “candore” in "What’s Next To The Moon", che dopo quei due monumenti rock serve a presentarci degli insoliti AC/DC che vanno su e giù per le scale del pentagramma e fanno coretti a più voci. In "Gone Shootin’ " troviamo uno splendido giuoco di chitarre che si divertono e si inseguono in un blues-divertissment, è inutile ribadire ancora che la grande varietà di questo disco è agevolata dalla presenza di un grande grandissimo rock’n’roll singer. "Up to My Neck in You" spreme le nostre ultime energie, è devastante, durasse un minuto in più, del povero Angus troveremmo la cenere! Infine "Kicked In The Teeth" chiude egregiamente l’album senza rimpianti.

Riassumendo, per chi non c’era la volta scorsa, questo "Powerage" è un album decisamente rock, divertente, variegato – almeno per quel che si può pretendere dagli AC/DC – ottimo anche per chi digiuno di questo gruppo vorrebbe accostarvisi. Concludendo direi che non ci sono validi motivi per mettere in secondo piano un album che va di diritto tra i migliori lavori degli AC/DC. Il voto 5 si giustifica sia entro la discografia degli AC/DC che nella storia di genere, peccato non ci fosse un 4,5!

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