Siamo arrivati in un punto nella carriera degli AC/DC in cui l'album "Let There Be Rock" avevano fatto conoscere un po' di più il gruppo, portando i 5 rockers ad esibirsi anche non nella loro Australia. La band era partita dal blues (molto presente nella prima produzione "High Voltage"), il quale durante la "crescita" della band si era trasformato in hard rock. Il lavoro in questione fu edito nell'ormai lontano 1977, anno in cui il genere hard rock era già qualcosa di concreto e approvato in Europa tramite band come Deep Purple, Led Zeppelin o ancora Scorpions, nel nuovo continente era anche molto conosciuto e parte del merito va sicuramente agli AC/DC. "Powerage", trovandosi in mezzo a due capolavori del calibro di "Let There Be Rock" e "Highway to Hell", è sempre stato un po' snobbato dalla critica. Ora però analizziamo questo disco.

Si comincia con il ritmo trascinante di "Rock'n'Roll Damnation", pezzo nel quale è presente un riff pazzesco che rimane impresso nella memoria, un riff in perfetto stile AC/DC, Bon Scott è caricatissimo, specialmente nel ritornello, anche tutta la sezione ritmica è pressochè perfetta, l'unica pecca è che Angus Young esegue un assolo che non è proprio memorabile, ma si rifarà nella seguente "Down Payment Blues", in cui il ritmo è meno incalzante, ma comunque spettacolare e lo scolaretto ci delizia con dei virtuosismi pazzeschi. "Gimme a Bullet" è un altro pezzo definibile come mezzo capolavoro, altri riff molto ben curati e questa è la canzone perfetta, secondo me, per guidare. Ma tutte queste qualità, si concretizzano con "Riff Raff", la quale dispone delle medesime modalità della precedente, però Scott si fa più rabbioso e i refrain del nostro scolaretto sono ulteriormente più pesanti e gli assoli molto veloci. Ma il momento migliore del disco è sicuramente questo, si tratta di "Sin City", in cui il riff principale viene ripetuto fino alla nausea, il cantato del singer è come al solito pieno di urla, poi ad un certo punto tutto cala; da scatenata la band diventa tranquillissima e Bon canterà note molto basse per poi tornare nuovamente alle grida, Angus esegue assoli molto potenti e mai noiosi. "What's Next to the Moon" all'inizio non sembra nulla di che, ma quando Bon inizierà a cantare cambierete idea, bel riff, bell'assolo e si continua bene. Con "Gone Shootin" si ha un ritorno al blues, tutto si fa più tranquillo, anche il singer: bella questa idea, tuttavia il pezzo lascia un po' indifferenti. A chiudere il disco ci pensano due songs come "Up to my Neck in you", la quale è dominata da un assolo "chilometrico" e "Kicked in the Teeth", con acuti e urli da parte del singer, per il resto è tutto molto ritmato e perfetto come al solito.

Questo è uno di quei dischi che non sono consigliati perchè non reputati come capolavori. Che non si abbia tra le mani un capolavoro è poco ma sicuro, ma è comunque un ottimo disco in pieno stile AC/DC. Sarà anche il penultimo della "Bon Scott Era" e pensare che tutto sembrava andare a gonfie vele, nessuno poteva prevedere che dopo il successivo "Highway to Hell" in una notte uno dei più grandi personaggi di sempre, sì, perchè non si trattava di un semplice cantante, ma di un trascinatore, di un personaggio veramente unico e assolutamente inimitabile se ne sarebbe andato, lasciando in mano a Brian Johnson un'eredità che lui, per quanto bravo non riesce a "gestire" e secondo me mai nessuno ci riuscirà.

VOTO: 3,50

 

 

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