Ci sono veri artisti e ci sono artisti non veri.

Ci sono persone che sanno metterci cuore e anima, che ci mettono la faccia nelle cose che fanno, anche quando sono ridicole, e ci sono quelli che si trincerano dietro mille effetti speciali e una buona pubblicità.

Axl Rose è tornato dal vivo. Il mondo pare essersene dimenticato, ma alla fine degli anni 80-inizio 90 i Guns n’ Roses spopolavano in ogni angolo del globo, superano in popolarità i Metallica ed erano adorati da migliaia di fans. Avevano un’immagine kitsch di metallaro macho, suonavano un hard rock ruvido, ma melodico e avevano un cantante con una voce che forse non era proprio il massimo, ma nei concerti era trascinante.
Poi anche loro si sono sciolti, e persi tra battaglie legali e quant’altro, finchè alla fine è stato solo Axl a mantenere il “band” Gn’ R. Dopo infiniti tira e molla, Axl, il solo insieme a Izzy Sradlin e Dizzie della vecchia band, è tornato a esibirsi come Guns n’Roses e ha realizzato un album, “Chinese Democracy”, piu’ volte annunciato e smentito. Lo davano per spacciato, dicevano che ormai non aveva piu’ voce, che era patetico.

Vi dirò la verità: Axl non ha mai avuto voce, e ora, con gli anni e gli stravizi, certo non se l’è migliorata. Tra un pezzo e l’altro affida ai suoi chitarristi infiniti assoli la cui unica funzione è fargli riprendere fiato. Per non parlare di quanto il suo spettacolo sia una summa di quanto piu’ patarro l’immaginario hard rock abbia mai partorito e le sue canzoni…. beh, sono decisamente demodé. Ma questo gruppo ha saputo fare un grandissimo concerto, perché quei pezzi, vecchi di 15 anni, come “Welcome to the jungle”, il pezzo con cui hanno aperto lo show, ha lo stesso tiro, energia e cattiveria di prima.
Perché quei pezzi sono divertenti, perché quello è il sfottuto rock n’ roll. E poi c’è Axl, un bravissimo trascinatore, uno che dà tutto quello che ha, uno che ha creduto in questo gruppo fino a coprirsi di ridicolo. Un uomo che ha passione, e la passione va sempre rispettata. I Guns hanno suonato per piu’ di due ore, soprattutto andando a ripescare il repertorio piu’ street, quello di “Appetite for distruction” senza dimenticare i classici come “Knockin on heaven’s door” o “November rain”, davanti ad un pubblico di gunners nuovi e vecchi, assolutamente galvanizzati.. Piccola nota di colore: alla fine del concerto, Axl ha invitato un caro vecchio amico a cantare, che poi era… Sebastian Bach! Il leader degli Skid Row! E io ripensavo, che periodo, ragazzi!

E poi ci sono gli altri. Ero curiosa di sentire i Deftones e i Korn, due band emblematiche del cosiddetto nu metal. I primi ad esibirsi sono stati i Deftones, nel pomeriggio assolato, penalizzati dall’orario e da un soundcheck pessimo. Chico Moreno e’ uno che ci crede, e per questo ha molto seguito, soprattutto tra i giovanissimi, ma la loro esibizione è risultata un po’ sotto tono, e io non sopporto chi scrive un pezzo un po’ melodico come per dirmi, beh, ora emozionati. E’ vero che parlare male degli emo è come sparare sulla croce rossa, ma così è, vengo da un’epoca senza mtv, emo, e capelli a schiaffo.
I Korn hanno un’impatto potentissimo. Di questo bisogna darne atto. Il loro sound è davvero bello e originale, compatto e durissimo, anche se ci sono le solite aperture melodiche… ed è qui che mi cadono. Forse vederli anni fa era diverso, ma ora, con due batterie sul palco, coristi vestiti da coniglio e quant’altro, fa molto “carrozzone dello spettacolo” e non piu’ concerto rock. Insomma, si capisce da varie cose che questa dimensione i Korn l’hanno travalicata, un po’ per l’immagine, un po’ per la scelta di fare tutti i pezzi vecchi di fretta e come contentino sotto forma di medley. Insomma.

E poi ci sono artisti veri, che hanno cose da dire. Gli Alice in Chains, signori. Era un po’ un salto nel vuoto vederli. Io adoravo gli Alice in Chains e adoravo la voce di Layne Stanley, il loro straordinario cantante tossico, martoriato, che se n’ è andato molti anni dopo quel suicidio assordante di Kurt Cobain, che ha segnato tutta la mia generazione, se n’è andato da solo, senza far rumore. Trovare uno con una voce così, data l’eccezionalità della voce di Stanley era impossibile, e infatti lo è stato. Il nuovo cantante è bravo, è coinvolgente, e molto rispettoso, e non è, ma non vuole neanche essere, Stanley. C’era un emozionato Jerry Cantrell, esattamente uguale a dieci anni fa, sempre con i suoi capelli da vichingo. C’erano tutti e c’erano le loro magnifiche canzoni.
Forse l’operazione è discutibile, ma quando hanno fatto “No Excuses”, uno dei numerosi pezzi in cui Cantrell e Stanely cantvano in controvoce, tu capivi che metà di Stanley era Cantrell, che i pezzi erano così speciali grazie a tutti e due, e allora, con delle canzoni così belle (“We die young”, “Roosters”, “Am I wrong”, “Man in the box”, “Again”, solo per citarne alcune) perché dovresti smettere di suonare ?

Ci sono artisti che valgono, che sono veri, e artisti no.

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