Un Syd Barret strafatto di LSD folgorato sulla via di Damasco dal polveroso post-rock americano di Isis, Callisto e Neurosis, spinto fino ai confini del pachidermico e dilatato doom-drone di Sunn O))), Earth e Boris, o dei nostrani 2Novembre, di cui spesso condivide le atmosfere funeste e marziali e l'elettronica alienante, con più di una strizzatina d'occhio verso il prog 70ino di King Crimson, Gentle Giant ed Emerson, Lake & Palmer, che riemerge prepotente nelle durate dei brani degne di una sinfonia di Bruckner, nelle melodie ricercate e volutamente baroccheggianti, e nel sapiente e dosato uso di un crimsoniano organo Hammond che allenta la tensione costruita da un drumming stoner e ossessivo, chitarre ora gilmouriane, ora macabre come solo un pugno allo stomaco drone sa essere, e da un'elettronica a tratti oppressiva e lugubre.
Questa potrebbe probabilmente essere la descrizione più calzante per l'alienante lavoro di questo quintetto di Los Angeles, che si era già fatto notare un anno fa con l'impegnativo bi-traccia Neptune With Fire, e sarebbe comunque una descrizione che non renderebbe del tutto giustizia al lavoro originale che questi ragazzi hanno creato in un territorio trasversale a tutti i generi purtroppo più di nicchia dell'attuale panorama americano. Perché Of Sound Mind non è semplicemente la somma algebrica di psichedelia + prog 70iano + post-rock + doom-drone-stoner. È uno di quei rari casi nella discografia contemporanea in cui la miscela delle diverse influenze dà potenzialmente risultati più interessanti della semplice somma delle parti, creando un sound proprio e capace di mettere d'accordo e parlare lo stesso linguaggio a soggetti musicali molto diversi fra loro.
Credo di non poter dire altro, su un lavoro del genere un'analisi track-by-track sarebbe riduttiva e ingiusta. Posso solo consigliare a tutti coloro che si riconoscono in almeno una delle influenze musicali che ho citato di cominciare a cercare fin da adesso questo piccolo e inaspettato gioiello musicale targato 2009 e perdersi immediatamente fra le note di quella lunga cavalcata prog-doom che è "The Trial", subito seguita, quasi a cavalcare la tensione e il climax musicale a cui si è dato vita, dall'incipit pianistico post-romantico di "Challenging", così imprevedibile nei suoi sbalzi, nelle sue armonie ricche e volentieri ai limiti della dissonanza, quasi degne del miglior Liszt o Rachmaninov.
Davvero in pochi, me compreso, si aspettavano un prodotto artisticamente simile in zona Cesarini dell'anno che volge al termine, e che ha dato invece vita finora solo a casi umani dal dubbio valore artistico.
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