La bolla scoppiata dopo le denunce a carico di Harvey Weinstein e che hanno via via coinvolto diversi personaggi del mondo di Hollywood ma anche a quanto pare appartenenti al cinema nostrano, meritano probabilmente riflessioni più ampie di quelle che abbiamo dedicato finora.

Questo non significa che l'aspetto relativo le violenze sessuali in senso stretto sia secondario, ma che proprio questo grande potere esercitato da questi personaggi e che è poi la condition sine qua non alle basi dell'abuso (in qualsiasi forma lo si voglia intendere) costituisce un tema che ha una rilevanza fondamentale nel compiere alcune considerazioni relative la nostra società e nella specie il mondo delle grosse produzioni cinematografiche.

In questo senso e nella ricerca di sviscerare ogni aspetto relativo questa realtà, che poi in qualche maniera costituisce a tutti gli effetti un mondo parallelo a quello reale, una dimensione a parte e dove tutti ci appare secondo una percezione alterata delle persone come delle cose, i contenuti di questo film diretto del 2013 diretto dal regista israeliano Ari Folman e liberamente ispirato da un'opera dello scrittore di fantascienza polacco Stanislaw Lem (quello di 'Solaris' tanto per intenderci) sono particolarmente rivelatori e offrono una serie di spunti di riflessione che partendo dal mondo del cinema e quello dello spettacolo in generale, si allargano diramandosi in considerazioni più ampie sulla società cosiddetta delle 'apparenze' in cui viviamo.

Il film si intitola 'The Congress', è una produzione congiunta tra Israle e Francia, ed è stato girato in tecnica mista, live action e animazione in rotoscope (praticamente: cartoni animati). L'opera da cui trae spunto è un romanzo di Lew del 1973, 'Kongres futurologiczny', un'opera di fantascienza di grande inventiva e dai contenuti sociali particolarmente brillanti in cui il personaggio 'feticcio' dell'autore, Ijon Tichy, si ritrova nel mezzo di uno scontro tra le principali potenze mondiali e successivamente coinvolto negli scontri e poi in bilico tra due mondi paralleli e indifferenti e destinati tuttavia a intrecciarsi uno con l'altro.

La trama del film di Ari Folman è sicuramente differente: se una parte, quella specifica del congresso, risulta in qualche maniera coincidente con l'opera di Lew, la trama nel complesso si sviluppa in maniera sicuramente differente e sono differenti (ma non del tutto) le tematiche sviluppate.

Il film è incentrato sulla figura dell'attrice Robin Wright, che il caso vuole sia unitamente a Kevin Spacey, una delle personalità più discusse in questi giorni, la principale attrice protagonista della popolare serie 'House of Cards', e che in questo film interpreta una versione fittizia di se stessa.

Siamo nel 2013 quando l'attrice di 'The Princess Bride' (1987) oppure 'Forrest Gump' (1994), oramai in declino e arrivata a considerarsi come una incompiuta a causa del suo carattere difficile, viene contattata dagli uffici della 'Miramount' (Miramax + Paramount) e le viene fatta una di quelle proposte che, come dire, non possono essere rifiutate: praticamente cedere interamente per vent'anni i diritti di sfruttamento della sua immagine alla casa di produzione cinematografica, che la digitalizzerà per creare un'attrice digitale che potranno utilizzare come meglio ritengono, mentre lei dovrà da contratto ritirarsi dalle scene.

Robin Wright firma l'accordo e venti anni dopo, mentre il suo alter ego digitale è diventato oramai uno dei principali successi cinematografici a livello mondiale con la serie di film di fantascienza 'Rebel Robot Robin' e raggiungendo probabilmente una popolarità di gran lunga maggiore a quella che essa stessa aveva ottenuto precedentemente, viene invitata a un congresso organizzato dalla Miramount in collaborazione con la casa di produzione giapponese Nagasaky, presso il Miramount Hotel a Abrahama City.

Una volta giunta al congresso, Robin è costretta ad assumere una sostanza chimica allucinogena e il cui effetto è quello di trasformare tutto in una fantastica allucinazione collettiva e di cui ognuno ricostruisce il mondo secondo la propria visione e ne diviene protagonista. A questo punto si susseguiranno una serie di vicissitudini che la vedranno protagonista, a partire dallo scontro tra i sostenitori di questa 'chimica' e i loro oppositori, fino a quella che possiamo definire una sua 'esecuzione' ideale mentre è sempre sotto stato di intossicazione da composti sintetici.

A causa di questo motivo Robin viene successivamente ibernata e si risveglia venti anni dopo, ancora sospesa in questo mondo delle allucinazioni (reso sullo schermo in maniera particolarmente performante nelle bellissime e psichedeliche scene di animazione del film) decisa a ritrovare suo figlio Aaron, affetto dalla Sindrome di Usher e che era destinato a perdere nel tempo sia il senso dell'udito che quello della vista. Tutto quello che seguirà da questo momento in poi sarà una continua alternanza tra allucinazione e realtà e dove in questa il mondo apparirà essere caduto completamente in miseria causa il disinteresse totale degli esseri umani a qualsiasi cosa e in virtù del raggiungimento, mediante l'utilizzo delle composizioni chimiche, di un virtuale appagamento di ogni loro bisogno.

Il film ha evidentemente connotati e contenuti sociali particolarmente importanti e che non possono essere sottovalutati. Immediato va il riferimento per quanto mi riguarda a una massima di Karl Marx e contenuta nella 'Critica della filosofia hegeliana del diritto pubblico': 'La religione è il singhiozzo di una creatura oppressa, il sentimento di un mondo senza cuore, lo spirito di una condizione priva di spirito. È l'oppio dei popoli.'

Naturalmente fare un parallelo tra cinema e religione, costituisce una forzatura, ma il tema su cui si sviluppa il film è sostanzialmente quello che viene definito la 'libera scelta'.

È infatti proprio questa, l'arbitrarietà, la cosa a cui inizialmente Robin Wright non vuole rinunciare: la sua unicità e la sua indipendenza nello scegliere che cosa fare e che cosa non fare tanto come attrice che come persona.

Durante una visita al medico di suo figlio, il Dr. Barker (Paul Giamatti), questi fa alcune considerazioni particolarmente rilevanti sia relativamente la libertà di scelta che il mondo del cinema, sostenendo come in qualche modo il figlio, in virtù della Sindrome di Usher (che già comincia a causare problemi alle sue capacità uditive), sia in qualche modo incoscientemente un soggetto libero perché egli, non percependo esattamente ciò che gli viene detto, lo interpretra a suo modo, creando di conseguenza un mondo secondo quella che è la sua soggettività.

Questo principio costituisce sicuramente una forzatura, ma quando Robin sarà al famoso 'Congresso' e scoprirà la verità su questo nuovo composto chimico e la sua diffusione, capirà che avere sottoscritto quel contratto è stato un errore e di essere stata usata oltremodo e fino a diventare per i vertici della Miramount un vero e proprio 'simbolo' di questa nuova 'realtà' che in breve diviene quella dominante e cui tutti finiscono facilmente per cedere.

Senza addentrarmi più di tanto nei contenuti di carattere sociale, che sono evidenti e tanto apparentemente semplici quanto complessi da argomentare, ritornando a quello che dicevamo in principio sullo scandalo-Weinstein e quelle che possono essere state le diverse denunce a suo carico e tutte legate a quelle che sarebbero state le pretese di Weinstein in cambio della possibilità di avere successo, è facile pensare a quel principio di 'libera scelta' che viene richiamato nel film di Ari Folman. 'Libera scelta' che viene chiaramente intesa come la possibilità nella specie di rifiutarne le pretese (nel film c'è proprio una scena all'inizio in cui Robin Wright dichiara al suo produttore che avrebbe preferito andare a letto con lui invece che cedere i diritti di immagine, prima di cambiare idea...), ma che costituirebbe nel caso una lettura solo parziale della situazione. Dove invece abbiamo comunque un soggetto dominante e che pone una condizione a chi invece evidentemente può essere impreparato alla situazione e considerare come 'libera scelta' quella di cedere a qualche cosa che può apparire più facile.

Parlare in questo caso di colpevolezza della 'vittima' oppure di complicità, come ho già avuto modo di spiegare, appare semplicistico, mentre ci appare invece di essere davanti a quella che coscientemente oppure no, costituisce solo falsamente una libera scelta, trattandosi invece di una vera e propria resa.

È così che al cospetto di questo film crollano tutti i miti di Hollywood e che gli attori ritornano a essere solo delle persone con una loro umanità e privi di tutte quelle sovrastrutture che si creano e costruiscono attorno anche nella loro vita reale e quotidiana e dove evidentemente anche loro possono sbagliare proprio come possiamo sbagliare noi 'comuni mortali'.

'The Congress' è sicuramente uno dei film di fantascienza più brillanti di questi ultimi anni e per quanto mi riguarda anche una vera rivelazione per la tecnica con cui è stato realizzato: curato in ogni minimo particolare, funziona benissimo sia nelle scene di live action che per quelle di animazione. Ottima la colonna sonora curata da Max Richter.

Particolarmente brillante l'interpretrazione dell'attrice Robin Wright, che è chiaramente la figura attorno a cui gira l'intero film, ma mi preme soprattutto sottolineare la bravura di Harvey Keitel nel ruolo dell'agente di Robin e protagonista solo nella prima parte del film, ma protagonista di una interpretrazione sopra le righe e in particolare di un monologo veramente denso di significati ed emozionante e che forse costituisce il vero leit-motiv e lascito emotivo dell'intero film.

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