Non ce l'ho fatta di nuovo. Anzi, peggio... questa non è una recensione doppia, è una recensione tripla (ammazza...). E pensare che credo di avere buoni motivi per farlo! (ma sono le cinque di notte)

I motivi, essenzialmente, sono due. Ovvero le già esistenti recensioni di questo disco. Con tutto il rispetto e la stima agli autori (per quanto possa non condividerne i gusti), ma sinceramente credo che dire che Slaughter of the Soul (il disco in questione) rappresenti qualcosa di più di un "acquisto obbligatorio per ogni vero metallaro" o "il Death Metal svedese. Punto".

Quale sia il genere proposto da questa cara band (una delle band che hanno segnato la mia crescita) non me ne può fregar de meno, non mi interessa nemmeno se ora esce ogni settimana un gruppo che cita fra i suoi ispiratori In Flames, Dark Tranquillity e Death  (gruppi che per lo più stimo e/o amo) e poi ti sfornano uno Slaughter of the Soul bello fresco ogni mese (cosa che ha portato molti fan ad una curiosa reazione, ovvero quella di ripudiare quest'ultimo disco della band ed osannare tutti i precedenti... mah). Non mi interessa nemmeno se nel '95 fecero un disco che a distanza di 12 - anni - 12 gran parte (per me tutte, ma voglio tentare di essere obiettivo) dei gruppi che hanno seguito le orme degli At the Gates non riescono ad eguagliare. Me ne frega un c***o che ora la melodia è ovunque nel metal, e che fanno più progressivi e sperimentali i Meshuggah che usano solo dissonanze tonali.

Ciò che conta, qui, è che questa è musica ottima. E' musica suonata con passione, col cuore. E' musica suonata con un'assidua dedizione e partecipazione profonda, questi qua non sono cinque adolescenti frustrati perchè lo scorso mese gli hanno tagliato la paghetta (e qui potrei sembrare offensivo, ma naturalmente sto esagerando volutamente...). Ci sono cinque persone dietro questo disco - due chitarristi, un cantante, un bassista e un batterista - e c'è tutto il loro impegno, per quanto questo mondo, al di là di ogni considerazione pessimistica, ottimista o realistica (cioè pessimistica), possa aver cercato di farli desistere.  

L'arte, oltre che significato, è anche il tramite che porta a noi (pubblico) il significato della musica, dell'espressione artistica della band. Perciò non starò a dirvi quanto è sbagliato scegliere uno stile di vita nichilistico, o quanto invece sia l'unica soluzione assennata, o quanto non me ne freghi niente. Queste sono questioni personali, ognuno decide (e il resto del mondo dice 'chissene?'). Quindi preferisco parlarvi, per concludere, del tramite, di questo ponte, di questo mezzo comunicativo ( = arte, appunto) che rappresentano le canzoni contenute in questo disco.

Che dire. Se io scrivessi con la stessa abilità, passione, incisività e coerenza stilistica con cui gli At the Gates hanno scritto questo disco, altro che Debaser, sarei l'erede diretto di Scaruffi*.

Imperdibile, sublime, grandioso, nichilista, prendete tutti gli aggettivi che vi pare, andate a cercare sulle recensioni di Ondarock, su Truemetal, sul dizionario dei sinonimi & dei contrari (metodo efficace questo...). E non esaurirete mai la vostra ricerca. Questo disco è tutto e niente. Dategli voi il vostro significato.

* è una battuta. Umorismo, presente? 

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