I cantautori sono morti e De André ha rotto i coglioni.

Di scultori e materiale di scarto annesso ne ho già parlato tempo addietro. Qui siamo di fronte ad esequie senza forma e sostanza, nessun rito e nessun scatolone atto a contenerle e preservarle. Anzi, pur sviscerando la terra non si parla mica di profani ma addirittura di profeti, saprofiti di mitomanie e megalomanie capaci di creare un rapporto morboso e in perfetta simbiosi con album o artisti in questione. Ciecamente convinti e gelosi di essere gli unici portatori di un sapere che alle volte si erge finanche sopra quello degli stessi musicisti. Con una punta di risentimento, bisogna anche dire grazie a questo genere di persone, visto che qualcosa è comunque venuto fuori grazie a chi, armato di tempo e curiosità ha scavato tra l’humus e il sottosuolo.

Tengo a sottolineare una cosa, non mi piace chi sopravvaluta artisti per ripagarli di una mancata notorietà, seriamente dico, mi danno l’idea di chi crede di far fortuna sondando la battigia con un metal detector preso scontato a cinquanta euro, insacca una graffetta e una monetina di 10 lire, va dall’amico numismatico e dopo qualche sconfortante giudizio decide di rivenderla su eBay a 15 euro: la felicità sta nelle piccole delusioni.
Con la graffetta un po’ arrugginita conserva in un plico le bollette dei mesi passati, è uno indomito lui, il richiamo per l’antitetanica l’ha fatto due settimane fa.

La mia quindi è una catabasi, il tempo in cui cerco di immergermi e a cui faccio riferimento è la fine degli anni 70, la fine delle barricate, il reflusso gastroideologico e cose trite e ritrite dopo. Ci troviamo infatti in un momento di stallo in cui la musica pop era in una fase di transizione, confusa ed orfana di una precisa via da seguire, ritrovatasi finalmente scevra da qualsivoglia ideologismo.Dopo un ritorno ai gloriosi fasti del punk, il rock si trasforma in new wave, il disco è in rapida discesa e la rivoluzione elettronica, già in crescita, stava inaugurando il passaggio dall'analogico al digitale.
Questo periodo ha visto anche l'emergere e la fioritura relativamente breve di screziature commerciali dominanti che mescolavano influenze soul a composizioni folk/pop e sensibilità jazz in egual misura, creando un ibrido facile per le orecchie ma anche emotivamente e musicalmente ricco, il tutto ovviamente con a base le influenze della musica afroamericana
In Italia, un approccio così sofisticato alla musica pop è stato abbracciato non solo da nomi affermati come Lucio Dalla (“L'ultima luna”, “Siamo Dei”, “Stronzo”) , Alan Sorrenti (Figli delle stelle e L.A. & N.Y.), Franco Califano (“Balla ba”) e Ornella Vanoni (“Ti Voglio”) ma anche, e forse soprattutto, da un'intera generazione di scrittori, arrangiatori e musicisti cresciuti ascoltando i primi dischi fusion d’oltreoceano. Tutti alla stregua di una fioritura annuale, solo che dopo la prima copiosa schiusa primaverile, il gelo invernale non li ha più fatti risvegliare dalla loro abituale quiescenza creativa.

Di esempi se ne possono citare a decine, da quello che è considerato il primo disco funk italiano, ovvero Funky Bump (1976) di Pino Presti al dolce e avvolgente Notturno Italiano (1984) di Mario Acquaviva in un intruglio rotondissimo fatto di jazz, fusion e funk senza sottovalutare la parte testuale fatta di immagini sognanti e disilluse.
Il fenomeno sembra per un istante incontrollabile, carpendo da ogni latitudine, si va da pianisti di piano bar brasiliani che suonano samba-fusion-jazz in locali trasteverini insieme a Chet Baker, ne è un esempio Rio (1983) di Jim Porto, a prologhi cosmici tedeschi mischiati a suoni mediterranei del singolo C’è una donna sola (1979) di Massimo Stella con uno slancio finale fatto di percussioni irrefrenabili e un caleidoscopico assolo di pianoforte e tastiere che sfociano in un vulcanico prog-fusion.

A proposito di vulcani poi, uno dei principali epicentri del sisma sarà proprio il Vesuvio con le sue pendici (attenzione ai lapilli), con storie fatte di rivincite e dimenticanze, tutte con un comune denominatore: Il baffo.
Ma questa è un’altra storia che merita ben altro spazio, adesso vi lascio che mi aspetta il richiamo per l’antitetanica.

[CONTINUA]

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