C'è qualcosa di oscuro, ipnotico e terribilmente affascinante nella musica di William Emmanuel Bevan, noto ai più con il nome di Burial. Fin dalla pubblicazione dell'esordio, nel lontano 2006, il producer inglese ha dato forma a paesaggi sonori cupi e ovattati, accompagnati da ritmi sincopati e accenni a quel movimento dubstep che, di lì a breve, avrebbe fatto irruzione persino nel mainstream.

La cosa sorprendente è che Bevan, dopo l'uscita dell'acclamato Untrue, ha reagito al trambusto con una progressiva sparizione dalle scene, riducendo al minimo le nuove incisioni (una manciata di singoli ed EP) e allontandosi dalla future garage/2-step degli esordi.

Chi ha ascoltato le sue ultime fatiche (inserite nella raccolta Tunes 2011-2019) avrà infatti notato un processo di esaurimento o riduzione delle sue composizioni, divenute sempre più rarefatte, frammentate e vicine a una dark ambient che trova in questo Antidawn EP il suo punto di arrivo. O forse, mi verrebbe da dire, di non ritorno.

Sebbene siano presenti allusioni a ritmi e strutture, ci si chiede cosa potrà esserci dopo un lavoro come questo: le luci distanti dell'alba oppure le tenebre, il buio senza fine? Difficile dare una risposta, così come è difficile giudicare un'opera simile, dove le voci, le melodie eteree, i fruscii del vinile e i field recording sembrano dialogare per un attimo per poi perdersi nel vuoto cosmico. "Like tears in the rain".

Inutile accennare alle tracce (cinque), alla loro durata notevole, al fatto che questo Antidawn EP, impegnandoci per circa quaranta minuti, possa essere considerato quasi un long play. Dettagli superflui quando si è di fronte all'inspiegabile, all'enigma dell'universo, a una musica che musica non è e che pare confondersi con la realtà, con i nostri respiri, sussurri, pianti.

Con la tristezza della fine. In attesa di un nuovo inizio.

Carico i commenti... con calma