Il 1985 è l'anno zero dell'hardcore melodico e "Back To The Known" il suo profeta. Non ci sono santi, gli anni Novanta nascono qui, dai Pulley agli AWS. Occhei, anche precedentemente i kids avevano aperto parentesi più o meno melodiche, ma pur sempre legate ai fraseggi tipici della prima ora e marchiate dall'isterismo puberale dei loro frontman (Adolescents, Agent Orange, gli stessi Bad Religion), oppure chiaramente preterintenzionali (i primi Descendents). Qulche dubbio rimane per "The Creeps" dei Social Distortion, ma tant'è.

Sono però i Bad Religion i primi a delineare una dialettica tra melodia e ritmiche rapide e serrate dell'hardcore californiano. Hardcore che è già il suo post: si guarda agli Effigies, alla rabbia edulcorata del Midwest. All'integralismo rivoluzionario di Everything Falls Apart. Sospeso tra reazione losangelina e soluzioni armoniose, "Back To The Known" è il "Metal Circus" dei Bad Religion, l'ep definisce il programma di mamma Epitaph, immortalandone il motivo ispiratore. Il nichilismo di Suffer e l'epos manieristico di No Control e Against The Grain ne saranno splendide eco, ma solo su di esse splenderà il sole della gloria imperitura: di importanza cruciale, le cinque canzoni del 1985 rimarranno a brancolare nel torpore della caligine, dimenticate insieme ad Into The Unknown, geniale scherzo new wave. Geniale, sì, perché ciò che seguirà sarà in gran parte merito suo ("Io ed i miei amici del Wisconsin siamo cresciuti amando Todd Rundgren e gli Utopia perché facevano rock melodico, ma piuttosto estraneo al mainstream della musica popolare. Queste caratteristiche mi interessano tutt'oggi... E' quello che pian piano ho tentato di fare coi Bad Religion...". Greg Graffin, Anarchy In The 10th Grade). Ristampassero quello e dessero un calcio in culo ai Veara.

"Back To The Known" non è velocissimo, ma tra le frecce del suo arco annovera "Frogger", manifesto su cui i Good Riddance hanno costruito una carriera. Fulmineo e nichilista, è il prototipo di ogni cavalcata "punk revival" (lo so, è l'espressione più merda che c'è). Intro strofa strofa outro stop. Manco i Ramones si erano ridotti così all'osso. Sferzante integralismo sonoro. Di tutt'altra pasta la prima traccia, quella "Yesterday" per cui Gaslight Anthem e Vaccines venderebbero la nonna. Ritmo variegato e testo convincente, registra una band in salute e pienamente matura: Graffin non è più un pischello in mezzo al pogo, canta da spettatore esterno la magmatica apocalisse colta nel suo divenire. E' con questa canzone che "i Bad Religion elevano l'hardcorer straccione e adolescente al rango di eroe epico disilluso e modestissimo, compassionevole, solitario e anarca (non più anarchico), facendo del nichilismo il pane quotidiano da masticare e non da sputare." Il boogie-restyling di "Bad Religion" rompe gli schemi, ma l'attenzione è tutta per "Along The Way". Perché quando a ventun anni uno ti scrive una cosa del genere basta. Il banco salta. Prendi e porti a casa. E taci per sempre. "Along The Way" è un climax ossessivo nel ripetere la medesima frase musicale, è il vertice espressivo del lirismo di Graffin. Greg Hetson gigioneggia e vince facile, sullo sfondo compaiono (per la prima volta!) i coretti. Brividi. Cose che si dovrebbero insegnare a scuola. “Along The Way” è il mio tuo nostro vostro cammino, senza sentieri e pacche sulle spalle, affrescato sulla copertina di Suffer. Sguardi bruciati dalle lacrime, tuffati nel sogno dell’orizzonte. Serene vendette arse dal torrido regno della competizione. Sete di una morale dimenticata, desiderio di redenzione. Ma “Along The Way” è anche il canto del cigno del DIY, che muore per far posto ad un’epoca che non capirà un cazzo di quanto avvenuto. E lo tradirà. Dispensano vita o morte, i Bad Religion? Boh, forse entrambe. Intanto, vi ho fatto il tracbaitrac.

P.S.: Ah, c’è anche “New Leaf”. E’ bella.

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