L'ambiguo termine "Progressive" indica una ricchissima e probabilmente irripetibile fioritura di idee musicali, che trovò espressione in composizioni ambiziose ed elaborate, a volte vere e proprie "suites" di impostazione classica. A dire il vero anche lo schema della canzone da 3-4 minuti ha un'origine classica. C'è chi lo fa risalire ai Lieder, che in effetti non erano altro che canzoni per pianoforte e voce, più o meno della durata di una "canzonetta" attuale, ma dotate in alcuni casi (Schubert su tutti) di melodie così ispirate da poter attraversare tranquillamente i secoli. Sia come sia, più o meno alla fine degli anni '60 molti musicisti cominciarono a trovare un po' strette queste misure, e la conseguenza fu appunto la nascita del "Progressive". Anche in Italia ? Per quanto qualcuno in TV tenti di rappresentarci in pieni anni '70 ancora intenti a trastullarci con Cugini di Campagna, Alunni del Sole e affini, la realtà per fortuna è un po' più variegata. Senza scomodare Area e Perigeo, rimasti fenomeni di nicchia, basta citare la Premiata Forneria Marconi, il Banco del Mutuo Soccorso e le Orme per poter affermare che, sia pure con qualche anno di ritardo, anche da noi qualcosa si mosse.
La città di Marino (Roma) oltre ai deliziosi e abboccati vini bianchi, può vantare di aver dato i natali ai fratelli Vittorio e Gianni Nocenzi, rispettivamente tastierista (organo, sintetizzatore) e pianista, entrambi di fomazione classica. E' il primo nucleo del Banco del Mutuo Soccorso, che nel 1971 assume la sua struttura (quasi) definitiva incorporando il chitarrista Marcello Todaro, il bassista Renato D'Angelo, il batterista Pier Luigi Calderoni e (dulcis in fundo) Francesco Di Giacomo, una specie di "usignolo" di un quintale e passa, dotato di un'inconfondibile voce metallica e penetrante, ideale per interpretare i testi da lui scritti, molto poetici, a volte fin troppo straripanti di enfasi e teatralità.
"Io Sono Nato Libero" (1973) è il loro terzo album e a mio giudizio il vertice insuperato di una lunghissima parabola. La formazione è quella di base, anche se il chitarrista Rodolfo Maltese, che compare come ospite, di fatto ha già sostituito Marcello Todaro. L'album si apre con una mastodontica suite di 15 minuti: "Canto Nomade Per Un Prigioniero Politico". Chi ha paura delle canzoni "impegnate" non si spaventi: la politica è solo nel titolo. In realtà si tratta di un intenso e commosso inno alla libertà, contrapposta alla prigionia del protagonista, e la musica è più che all'altezza. All'inizio ad accompagnare il canto sofferto di Francesco Di Giacomo sono solo malinconici trilli di pianoforte su un tappeto di sintetizzatore, ma ben presto l'intera band esce allo scoperto con una frenetica sparata in perfetto stile Emerson Lake & Palmer, e da qui in poi è un susseguirsi di quadri continuamente mutanti: duetto di voce e chitarra acustica, assolo di sintetizzatore con veloce base ritmica, chitarra flamenca accompagnata da percussioni tribali, placidi arpeggi di chitarra, ancora percussioni distorte con effetti rumoristici, nuova sparata con assoli di tastiere... fino alla brusca chiusura, che lascia spazio al brano più famoso: "Non Mi Rompete". Altro titolo ingannevole: niente parolacce né invettive velenose, ma solo la sacrosanta rivendicazione del diritto a sognare ("Perché volete disturbarmi se io forse sto sognando un viaggio alato sopra un carro senza ruote trascinato dai cavalli del maestrale, nel maestrale... in volo"). Senza offesa per i puristi del "Progressive" si può tranquillamente dire che questa, per la sua immediata orecchiabilità, è a tutti gli effetti una canzone, una splendida ballata acustica sostenuta da un'impeccabile chitarra, anche se sia a metà che alla fine appaiono vivaci variazioni sulla melodia iniziale. Tetri accordi di pianoforte e un ritmo irregolare e sinistro accompagnano "La Città Sottile", infido incubo metropolitano, con il poderoso cantante che a tratti "recita" letteralmente i suoi versi su uno sfondo di tastiere da brivido. Brano teatrale e non facile, ma di grande suggestione. Vale anche per "Dopo... Niente è Più Lo Stesso", ovvero il dramma di un soldato che ritorna dalla guerra "con la sua stanchezza infinita" e vede la sua terra ridotta ad un cumulo di rovine. I versi, profondamente antimilitaristi, sono da incorniciare. La musica li asseconda perfettamente con la sua spettrale disperazione, a cui danno un grande contributo le tastiere dei fratelli Nocenzi. "Traccia II" è un incalzante e trionfale motivo dal sapore un po' barocco che nasce in sordina dal pianoforte, a cui si affiancano progressivamente gli altri strumenti, in un magistrale crescendo che si esaurisce dopo neanche tre minuti.
La classica ciliegina su una torta già molto sostanziosa.
Elenco tracce testi e samples
02 Non mi rompete (05:07)
Non mi svegliate ve ne prego
ma lasciate che io dorma questo sonno,
sia tranquillo da bambino
sia che puzzi del russare da ubriaco.
Perché volete disturbarmi
se io forse sto sognando un viaggio alato
sopra un carro senza ruote
trascinato dai cavalli del maestrale,
nel maestrale... in volo.
Non mi svegliate ve ne prego
ma lasciate che io dorma questo sonno,
c'è ancora tempo per il giorno
quando gli occhi si imbevono di pianto,
i miei occhi... di pianto.
04 Dopo... niente è più lo stesso (09:54)
Forte treno impaziente treno dritto sulla giusta via sei arrivato.
Ad ogni passo baci i miei stivali, terra mia, ti riconosco.
Possente terra come ti invocavo
nei primi giorni in cui tuonava il cannone.
Montagne che fermate il mio respiro, siete sagge come allora?
Lascia il fucile la mia spalla e cade giù la gloria
la gloria ?!
Torna l'uomo con la sua stanchezza infinita.
E sono questi i giorni del ritorno
quando sui canneti volan basse le cicogne
e versano il candore delle piume
dentro i campi acquitrinosi, e poi fra i boschi volan via.
Sono questi i giorni del ritorno
rivedere viva la mia gente viva,
vecchi austeri dalle lunghe barbe bianche
le madri fiere avvolte dentro scuri veli.
E piange e ride la mia gente e canta...
allora è viva la mia gente, vive, vive!
Canti e balli nella strada volti di ragazze come girasoli
cose che non riconosco più.
Per troppo tempo ho avuto gli occhi nudi e il cuore in gola.
Eppure non era poca cosa la mia vita.
Cosa ho vinto, dov'è che ho vinto quando io
ora so che sono morto dentro
tra le mie rovine.
Perdio! Ma che m'avete fatto a Stalingrado ?!
Difensori della patria, baluardi di libertà!
Lingue gonfie, pance piene non parlatemi di libertà
voi chiamate giusta guerra ciò che io stramaledico!!!
Dio ha chiamato a sé gli eroi, in paradiso vicino a Lui...
Ma l'odore dell'incenso non si sente nella trincea.
Il mio vero eroismo qui comincia, da questo fango.
T'ho amata donna e parleranno ancora i nostri ventri.
Ma come è debole l'abbraccio in questo incontro.
Cosa ho vinto, dov'è che ho vinto quando io,
vedo che, vedo che niente è più lo stesso, ora è tutto diverso.
Perdio! Ma che cos'è successo di così devastante a Stalingrado ?!
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Altre recensioni
Di gilmour
Erano suoni talvolta cupi, o effetti che si rifacevano alla Psichedelia, a cui un bambino non dava un senso, ma che allo stesso tempo ti coinvolgono e ti rendono partecipe alle melodie del disco.
Vi è uno dei momenti più significativi del disco: le atmosfere classicheggianti fanno da contorno ad un dialogo tra due persone, in cui si capisce benissimo il punto di vista del Banco sul rapporto tra religione e guerra.
Di Bonzo
La grandezza dei complessi che hanno segnato la storia della musica risiede nella capacità di sorprendere e incantare anche dopo il picco di magnificenza.
Io Sono Nato Libero è forse il punto più alto mai toccato dal prog-rock italiano e certamente la consacrazione definitiva e totale del Banco.