Belle And Sebastian – The Life Pursuit (Rough Trade/Matador, 2006)

Se vogliamo conoscere, e amare, i Belle And Sebastian, bisogna tornare a “If You’re Feeling Sinister” o a “The Boy With The Arab Strap”. Può andar bene anche la bellezza acerba di “Tigermilk”. Lì tremano ancora di candore.

L’ ensemble di Glasgow, capitanato del talentuoso songwriter Stuart Murdoch, sensibilità e malinconia esacerbate, carpiva, soprattutto in “If You’re Feeling Sinister”, un po’ della bellezza che salverà il mondo secondo Dostoevskij (”L’Idiota”,“I fratelli Karamazov”).

Il loro promettente Folk Pop, Indie, dalla fine degli anni Novanta, si muove con grande credibilità, tra atmosfere soavi, fragili e uggiose, con sospiri, ma anche ritmiche incombenti e guizzanti. Una introversione fuori dal comune pervade i testi, come se Murdoch “sentisse” sempre il doppio, prima e troppo, tanto da poter ben asserire con Rilke che “sentire è svanire”.

Con “The Boy With The Arab Strap”, l’album del consenso pubblico, si erano fatti più orchestrali e barocchi, partendo comunque da un’ impostazione acustica, arricchita da strumenti elettrici e dalla sezione fiati. Poi fu Trevor Horn (con “Dear Catastrophe Waitress”). E, a dieci anni dall’esordio, l’opera si compie col trasferimento nella città degli angeli per questa settima, e nelle intenzioni “titanica”, fatica: “The Life Pursuit”, che decisamente abbraccia un più esportabile Pop Rock. E' un po' come passare da disegni a pastelli acquerellabili ad uno colorato con gli evidenziatori fluorescenti...

Lo stile non è del tutto travisato. Non lo trovo nemmeno il loro peggior lavoro. Certo se eravamo stati abituati ad un immaginario poetico vicino a Drake, Felt e Smiths, qui andranno invece evocati i T-Rex, il Reed trasformista, e, finanche timidamente, Prince. Il Glam e la Black Music, una certa ballabilità e scorrevolezza, facilmente fruibili. Il produttore Tony Hoffman (Thrills, Supergrass, Beck di Guero, Air di 10000Hz) lascia il segno. Il combo era pure in formazione rimaneggiata, senza Isobel Campbell e Stuart David. L’album, molto pragmatico, nel complesso risulta un tantino stucchevole, ma costruttivo, non (troppo) creativo, tuttavia, in alcuni episodi, può vantare pagine bellissime.

Anche “Fold Your Hands Child You Walk Like A Peasant”, lavoro affrettato, non fu privo di spunti pregevolissimi. Qui, rispetto a quello, non manca la coesione interna. Infondo, poi, dopo un decennio di carriera, tentare nuove vie, non è strano. La loro cifra stilistica non risulta snaturata. Certo, senza tutto quello che l’ha preceduto, questo LP sarebbe ben poca cosa.

I B&S sanno, però, ancora fare melodie celestiali, e qui cercano persino di risultare trascinanti, con un po’ più di sole, dopo tante sfaccettate nuvole.

“Another Sunny Day”, ritmo allegro e saltellante, tintinnio pulito di chitarre jingle-jangle e canto struggente, espressionista di Murdoch. Il testo percorre le ferite di una coppia e un moscerino in un occhio ne risana almeno una.

“To Be Myself Completely”, capolavoro di martellamento pianistico, declamato dal canto di Stevie Jackson, sarebbe stata perfetta da inserire nella scaletta di “Arab Strap”. Tiene in affanno il fiato! “Though we say goodbye and wonder / What's to know and who's to blame / But to be myself completely I will love you just the same”.

“We Are The Sleepyhead”, è una sorta di pseudo Funk, sinuoso, con coretti ameni e baluginanti. Incalzante, scorre repentina, col canto elegantissimo del leader ed un controcanto femminile molto sfuggente. Illumina e fa risplendere la pigrizia ottusa del mattino di cui parla tra “versetti biblici”, “strade” e vicoli, più che cercando “verità”, contemplando, nella sonnolenza più indolente, la “bellezza del momento”.

Questi pezzi sono affabili, entusiasmanti, estivi, ti interpellano in modo quasi, inusualmente, insolente, e dopo tanta fragilità emotiva, non possiamo che acconsentire a questa tenue provocazione di Murdoch e soci. Troppa sensibilità è una condanna; forse han cercato di affrancarsene, senza cadere ovviamente nel cinismo. La miglior risposta la fornisce George Bernard Shaw. “L’unico uomo che conosco che si comporti sensibilmente è il mio sarto, ogni volta che mi vede prende di nuovo le mie misure. Gli altri invece vanno avanti con le vecchie misure e si aspettano che io faccia altrettanto”.

Allora, mi persuado, l’ottica giusta è proprio questa.

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