Il 15 marzo 1999 i Blur pubblicano il loro sesto lavoro, "13".

Registrato tra giugno ed ottobre 1998, il disco arriva a due anni dal fortunatissimo eponimo e raggiunge anch'esso un ottimo successo, posizionandosi  subito in cima alla classifica britannica. Tutto ciò nonostante la scelta della band di sviluppare ancora più a fondo l'aspetto prettamente sperimentale della propria musica, processo iniziato con risultati altamente positivi nel lavoro precedente.

Fondamentale in tal senso fu la scelta di un producer come William Orbit, decisivo per aiutare la band ad allontanarsi definitivamente dagli stilemi britpop (primo tentativo, la virata "pavementiana" del precedente lp) ed avvicinarsi a sonorità più complesse ed elaborate. Anche la copertina dell'album è un scelta originale, essendo l'immagine un quadro del chitarrista Graham Coxon, dal titolo "Apprentice".

Eppure, le prime tracce fanno un po' da fattore "accomodante", per preparare l'ascoltatore a quello che verrà nella seconda parte del disco. "Tender", una lenta e lunga litania gospel-oriented (più di sette minuti!) e primo singolo estratto, è entrata di diritto fra i grandi classici della band, a dir la verità più per una certa sovraesposizione radiofonica che per effettivi meriti artistici. Il pezzo infatti, oltre a non essere di certo il migliore dell'album, non lo rappresenta neppure un po'. "Bugman" è un bizzarro rock 'n roll all'insegna del rumore a tutti i costi (nel finale spunta addirittura una sorta di trapano elettrico), "Coffee & Tv" (famosissimo il videoclip del cartoncino di latte) è un grande guitar pop firmato interamente Coxon.

Le prime avvisaglie di cambiamento arrivano con "1992", posta tra una sghemba "Swamp Song" (anch'essa marchiata a fuoco Coxon) ed il punk 'n roll di "B. L. U. R. E. M. I.". Da qua in poi, il disco si barcamena tra una profonda destrutturazione della forma canzone ed una sovrapproduzione volutamente esasperata di Orbit; apice di tutto ciò la monumentale "Battle", sette minuti e quarantatré secondi di puro delirio sonoro. Il problema è però un altro: il giochino non sempre funziona, e l'insistere su una sperimentazione estremamente pesante e ripetuta a tutti i costi produce un effetto straniante e, soprattutto, stancante. L'album, infatti, concede una flebile boccata d'ossigeno su ballatone introspettive come "No Distance Left To Run" (splendida, ispirata alla fine della storia di Albarn con Justine Frischmann degli Elastica) e su numeri più "canonici" come "Trimm Trabb"; non è certo un buon segno.

Insomma, ad un certo punto della loro carriera i Blur hanno voluto dimostrare a tutti i costi di non essere solo una band da britpop hits di tre minuti; giustissimo, a maggior ragione se si possiedono capacità e talento per farlo (Albarn ne ha da vendere). Ma a volte la sperimentazione attuata in "13" sembra forzata o, peggio, spossante nella sua insistenza.

"13" resta un lavoro più che sufficiente ed apprezzato da pubblico e critica, ma i Blur hanno fatto di meglio sia prima (eponimo) che dopo ("Think Tank").

Tracce chiave: Bugman, Battle, Trimm Trabb, No Distance Left To Run

 

Carico i commenti...  con calma