Sono lontani ormai i tempi in cui Albarn & Co. saltavano e “strimpellavano” sulle allegre note di Parklife...
Il britpop e il suo sound sono distanti e niente di chiaro riusciamo a vedere in questo insolito lavoro della band inglese, in quanto la sua complessità è inutile, improduttiva e insignificante, a tratti persino noiosa.

13 è un album senza idee dal quale possiamo però apprezzare la natura inquieta e vitale della bruttezza che lo anima, la quale di certo non è il sintomo di una precoce senilità di Albarn: quella di 13 è una bruttezza necessaria, di passaggio.
Qualcosa di ascoltabile non lo troviamo certamente tra i ritornelli di Tender o di Coffie&Tv, ma tra i dolenti “passi” di No Distance Left to Run, Bugman e forse Caramel…sinceramente non ricordo altra canzone degna di essere citata tra queste righe, ma due parole vanno spese per William Orbit (produttore) che sicuramente ha dato un forte contributo ad alimentare la voglia di sperimentazione dei ragazzi dell’ Essex.

Onore ai Blur, però: hanno saputo abbattersi, azzerarsi, per ricominciare da capo. In quest'ottica, la bruttezza di 13 potrebbe essere la forma d'arte più onesta e intensa degli ultimi anni(?!?).

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