Come Palomar che osserva il mondo. Come quest’omino curioso a cui Italo Calvino ha donato la voglia di guardare le cose. Come lui davanti al mare. Sulla riva. Osservando un'onda che si srotola e si avvolge fino a giungere alla sponda. Le onde sono quelle di “The Campfire Headphase”. Terzo mare generato dai fratelli Sandison. A prima vista il più accessibile. Calmo all'apparenza. Lunare come gli altri. Pervaso da una brezza vivace di chitarra. Da soffici linee di basso. Da giroscopi di pattern ritmici. Da trame variopinte di glitch.

Un mare da osservare più volte. Perché l'immagine che resta non è mai la stessa. Dopo ogni onda che si ritrae. Restano bollicine che scoppiano. Risonanze remote della Grande Onda. Passata per tutti. Anche per chi ancora sogna di cavalcarla. Risonanze dei Mercoledì da Leoni. Dei Giorni Felici e dei Weekend Perduti. Delle Summer of Love. Tutto. Finito. In bollicine. Che scoppiano. E quel che resta dell'Onda rimboccata di bianco è solo schiuma. Addizionata di chimica e quant’altro. Schiuma su lingue di sabbia. A Malibù. A Brighton. A Ibiza.

Sulla spiaggia di questo terzo grande mare. Ci sono onde che evocano nostalgia di retrofuturo. Almeno tre valgono il viaggio. Quella chiamata Chromakey Dreamcoat . Da vedere con occhiali filtrati. Perché il riflesso dei '70 abbaglia grazie al narcotico giro di chitarra, synth e percussioni. L'atmosferica Slow This Bird Down dove il tempo si congela e la melodia implode in molteplici neutrini di supernove. E Dayvan Cowboy che appare come una vasta laguna abrasiva. Poi si trasforma in mulinelli fluttuanti a sei orbite. Infine diventa un vortice liquido in attesa di un tuffo.

Palomar si limita a guardare. Restìo al confronto con gli altri due mari e con quelli già visti in questo continente. Grato per questo terzo mare. Sublime. Alza lo sguardo al cielo. Con la convinzione ancor più forte che l'universo è lo specchio in cui possiamo contemplare solo ciò che abbiamo imparato a conoscere in noi.

Onda dopo onda.

Carico i commenti... con calma