I Boredoms sono una delle entità più calameontiche del Giappone. Guidati dall'eccentrico Yamatsuka Eye (collaboratore fra l'altro dei Naked City di Zorn, il che la dice lunga), questa band ha avuto un percorso discografico quanto mai particolare, a partire dai bizzarri e violenti esordi discografici, proseguendo con l'esplosione di Pop Tatari, fino alla maturità, raggiunta con Super æ e questo Vision Creation Newsun.

Il cammino sonoro di questo disco si muove su coordinate prettamente sperimentali e psichedeliche. Fin dall'inizio, calmo, quasi tranquillo, che poi esplode nel roboare dei piatti delle batterie? sì, al plurale, perchè la sezione ritmica impiegata dalla band è decisamente vasta e comprende una quantità di percussioni tribali fino all'uso anche di due batterie in contemporanea.

Tuttavia non è noise quello contenuto in Vision Creation Newsun? o almeno non del tutto: questo disco si presenta infatti innanzitutto come un percorso, una specie di viaggio, anche se ricco di connotati deliranti ed onirici. Un viaggio che è tutta una rivolta al rock, ed è quindi un atto dissacratorio e dadaista, nella sua ricerca di un linguaggio nuovo: un purissimo atto di creazione e una efficace demolizione dello scheletro rock, utilizzandone però gli stessi strumenti, benchè grandemente ampliati dall'apparato elettronico.

Il sound quindi è un mutante destreggiarsi e muoversi fra coordinate noise, intaccate da un'elettronica che è anche la base dei momenti più psichedelici e quasi space-rock della band, con i suoi suoni ondeggianti e "liquidi". E tuttavia quello che potrebbe essere un costante movimento apparente intorno allo stesso punto - evidente rischio di qualunque disco basato su atmosfere sognanti e, per dirla alla moda, "intrippanti" - diventa per l'appunto un cammino grazie, soprattutto, all'impianto ritmico del gruppo, tutto sostenuto dalla batteria e dalle percussioni, un impianto che rifiuta la ripetizione pop, della strofa e del ritornello, e che preferisce un movimento andante, continuo, frenetico, quasi dance (basta ascoltare la sezione centrale di Star), un impianto ritmico che quindi va oltre la stessa canzone, presentando un'effettiva continuità in tutto il disco.

Merita quindi più di un ascolto questo disco, che presenta una coraggiosa porta verso quella che può essere una nuova dimensione del rock, forse semplice ed infantile, primordiale (a questo proprosito, i titoli delle canzoni non sono parole: sono simboli? una tendenza alla semplicità quasi infantile decisamente dadaista) eppure già sviluppata e contestualizzata proprio all'interno di quel rock, padre forse scomodo ai nostri Boredoms, ma sicuramente affascinante.

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