Per comprendere cosa realmente intendesse Jon Hassell con la dicitura 'quarto mondo', non esiste miglior modo che ascoltare questa grande opera, scritta a quattro mani con quell'altro mostro che risponde al nome di Brian Eno, nel 1980, ovvero il periodo più ispirato di quest'ultimo (e il che non è poco ricordando la spaventosa serie di capolavori piazzati tra il '77 e l'85). E' certamente facile leggere su di una qualsiasi biografia del trombettista americano come per 'quarto mondo' egli intenda la perfetta fusione tra tradizioni antiche e tecnologie moderne; l'incorporare elementi di l'una e l'altra ricavandone un ibrido astratto, in nessun modo collegabile a nessuna di esse, o alle varie tradizioni culturali da cui Hassell 'prende'. Il termine da lui coniato "futuro primitivo" probabilmente spiega ciò meglio di mille biografie, ma è invece leggermente più arduo afferrare il concetto a livello di ascolto, vista anche la grande mole di produzioni, collaborazioni e soprattutto apparizioni che coinvolge questo artista (da Talking Heads a David Sylvian passando per Techno Animal, Terry Riley e la nostrana Alice). 

La musica di "Fourth World" più semplicemente, e senza districarsi per vie socio-filosofiche, sembra provenire da un'altro mondo, un mondo che non è sicuramente la terra, un mondo dove tutte le tradizioni, tutte le ere, gli sviluppi, le terre e i contesti storici che hanno scritto la storia di essa gravitano intorno ad un'altra orbita, disegnata dalla tromba di Hassell, un'orbita che è un mondo a se: IL quarto mondo per la precisione.

Credo chiunque si sia avvicinato, anche sporadicamente - e io sono tra questi - all'arte di Hassell, sappia anche di come nella sua vita siano stati importantissimi due incontri, quello con Pandit Pran Nath (maestro del canto indostano) e quello con Karlheinz Stockhausen (presso cui studia, e da cui sarà inevitabilmente - ma non sarà ne il primo ne l'ultimo, basti pensare ai Can - volente o non volente influenzato), rimanendo inevitabilmente folgorato dalle avanguardie apprese sul campo. Pur apprendendo ciò, allo stesso tempo rimane impossibile capire in che modo queste due pesanti personalità abbiano influenzato Hassell. "Fourth World" lo spiega ancora, e meglio di mille parole o mille note da tutta la discografia, tralaltro non sempre a questi livelli, con quella tromba, cosi mistica e visionaria, che sembra voler cantare, ipnotica e con quell'aura solenne come solo la musica sacra indiana sa essere. Jon applica le tecniche dei raga vocali di Pran Nath sulla sua bocca, proprio come cantasse, e ciò è facilmente riscontrabile in qualsiasi solo, ma è anche ad un sitar che possiamo accostare ciò che sentiamo, riempiendo inoltre, complice l'apporto di Eno, il suono della tromba di effetti e tecnologie che le conferiscono un timbro sempre più personale e sperimentale; la somma di questi fattori fa sì che esso - di per sè identificabilissimo - possa essere riconosciuto tra mille.

E poi ci sono le percussioni: tribalismi primitivi (ad esempio il leggendario ghatam) [strumento della musica carnatica che si contrappone alla musica industana a conferma di quanto ricordato inizialmente) che forniscono toni profani e inquietanti alle terre che Hassell eregge; le congas (quanto mai distanti dalla cultura indiana e ovviamente più serene e meno sacrali) o ancora ghatan e congas suonate insieme, come accade su "Charm", prontamente looppate da Eno, creando ora qualcosa di più 'moderno' (la tecnica del loop) ma che sia allo stesso tempo 'tradizionale' (l'estetica della ripetizione finalizzata alla trance, perno della cultura raga) o delle avanguardie minimaliste (Riley, LaMonte Young..), 

La tromba di Jon viene adoperata su "Chemistry" ora come fosse uno di quei tappeti organici che hanno fatto grande il collega, ora con solfeggi allucinati che emulano la voce umana; spettacolare l'apporto al basso di Percy Jones - altro artista dal suono personalissimo - che crea linee rotonde e pulsanti perfette per adagiarvi il corpo deforme modellato dalla tromba, che sulla marziale "Griot" sembra addirittura un cavallo (!) impossessato; interessanti inoltre i battiti delle mani che vengono usati come percussioni reali (e lo sembrano incredibilmente) in un affascinante contrasto tra elemento umano / artificio oggettistico. Su "Delta Rain Dream" le chitarre e gli accenti sintetici che Eno tesse dietro le quinte sono quanto di più pacifico si possa incontrare in questo quarto mondo, dove per un attimo sembra tornare il fantasma della sua 'musica discreta', salvo poi essere disturbato dall'angoscia del tam tam ancestrale sullo sfondo; con "Ba-benzélé" toni mediorientali si mischiano a congas e basso (a formare un tappeto quasi disco-funk), mentre "Rising Thermal 14° 16' N; 32° 28 E" mostra un Eno statico e profondo piu che mai ai synth, mentre nelfrattempo Hassell fa somigliare la sua tromba al suono del vento. 

Non sono che alcuni degli aspetti del 'quarto mondo', dove il tutto si intreccia, tutto viene incorporato e utilizzato al fine di creare un nuovo mondo, per costruirne da zero le fondamenta, dove non esistono terre nè culture.

Una visita magari?

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