Il k-pop é la corrente artistica asiatica che più di tutte attinge dalla cultura occidentale, nella fattispecie dall'estetica della musica pop anni '90 che fece la fortuna di boybands, girlbands ed affini.
Fra il suo pubblico non fa distinzioni di sesso, età, orientamento sessuale.Il k-pop é l'armageddon.
Fortemente votato alle arti visive e alla sub cultura hip-hop in generale, il suddetto movimento ha impollinato ed attecchito anche a casa nostra già da qualche tempo, generando alcuni dei fandom più imponenti e fedeli al mondo, in grado di documentare ogni spostamento, ogni apparizione dei suoi interpreti con una precisione disarmante, in un clima di isteria collettiva che non accenna affatto a diminuire e che, al contrario, continua ad assoldare un numero sempre crescente di fans pronti a scalmanarsi per un posto in prima fila ai numerosi esercizi di stile sparsi in giro per le venues d'Europa, in attesa che il più scaltro degli organizzatori nostrani metta a disposizione l'arena nella quale piantare l'ennesima bandierina sul percorso che porta alla conquista dell'universo.

Fra i maggiori protagonisti di questa stagione del k-pop troviamo i BTS, boyband assemblata dall'outsider delle agenzie di scouting sud coreane (rimando agli interessati la ricerca di informazioni su "agencies", "idols" e tutto il bizzarro corollario che compone lo star system della terra del kimchi) mettendo insieme 7 ragazzotti i cui talenti spaziano in maniera assortita dalla danza moderna al canto, finanche al rap.

"E chi se li incula?", diranno i più.
Ora, ecco alcuni dei numeri da capogiro fatti registrare dal combo di Seoul:dal debutto nel 2013 ad oggi, i BTS hanno venduto qualcosa come 10 milioni di dischi soltanto in terra nativa, raggiunto i Beatles nel non indifferente traguardo di 3 prime posizioni nella "Billboard 200" collezionate in un solo anno, firmato il record di maggiori numero di album venduti in tutto il mondo nel 2018 (alle spalle di Drake), ottenuto lo status di celebrità più "twittata" a livello globale nel 2018 e pubblicato qualcosa come 10 lavori da studio in un così breve periodo di attività.
Tutto questo per dare l'idea delle proporzioni del successo internazionale, tralasciando l'impatto che la boyband ha avuto nelle nuove generazioni di un paese relativamente giovane (l'indipendenza dal Giappone risale al 1945) ma allo stesso tempo fortemente conservatore ed in una posizione geo/politica storicamente delicata quale é la corea del sud.

"Map Of The Soul:Persona" é il lavoro che ha mandato i nostri in doppia cifra, dato alle stampe il 12 aprile 2019 e divenuto in tempi record l'album più venduto nel loro paese (nel caso ve lo domandaste, in Italia le vendite hanno portato il disco alla quinta come posizione massima in classifica).
Chiamarlo ep, definirlo album, risulta riduttivo, sbagliato perfino:come tutte le produzioni dei BTS, anche questa ha un concept specifico sul quale poggiano artwork, videoclips e brani in tracklist.
In questo caso, a giudicare dal titolo, l'opera trova il suo nord magnetico nel volume intitolato "Jung's Map Of The Soul:An Introduction", sunto delle ricerche condotte dal dottor Murray Stein sul lavoro di Carl Jung, psichiatra svizzero fondatore della psicologia analitica, pubblicato per la prima volta nel 1998.

Psicologia analitica, dunque.Nulla é più provvidenziale per comprendere i motivi del successo di un fenomeno culturale, oltre che musicale, tanto inusuale per come si approccia quanto cacofonico per come suona (la lingua coreana, ascoltare per credere, non risulta propriamente familiare quanto il romanesco di Lando Fiorini).

Il primo punto a favore del settetto é senza alcun dubbio la massiccia produzione:dai video pre-release volti ad incrementare l'hype, alle innumerevoli versioni del disco immesse sul mercato (che contribuiranno in una qualche misura ad alzare le quote di vendita grazie a bundle confezionati a random per alimentare il collezionismo spasmodico dei fans più hardcore), fino alla musica vera e propria; composta, studiata e programmata in tracklist in modo da non mandare sprecato un solo secondo del minutaggio complessivo, non avere una sola nota fuori posto, non presentare un solo suono non perfettamente a fuoco, nel rispetto della più stereotipata ricerca della perfezione asiatica.

Rappresentativa in questo senso é l'opener "Intro : Persona", una bilanciata mistura di rapcore in salsa Transplants e rockeggianti chitarre prese pari pari dai Led Zeppelin di "Whole Lotta Love".
Perché non é importante in quale sequenza colpire botte e cerchio, quello che conta é colpire qualcosa in qualche modo.
Missione compiuta?

Non ancora, é la successiva "Boy With Luv" a strizzare l'occhio come si deve al mare magnum dell'hip-hop statunitense e porre ufficialmente fine all'embargo musicale sud coreano, ibridando funky e midtempo electro-dancehall prima di scadere nel più prevedibile dei bridge rappati.

"Mikrokosmos" somiglia ad una delle comunissime ballate pop-rock a cui siamo tutti tristemente abituati, almeno fino a quando il refrain esplode nella più pura espressione di coralità e sinergia (il coretto "ooh-ooh" aiuta e non poco la suggestione), lasciando immaginare lo spettacolo di suoni, luci ed immagini che ha già reso leggendari i live dei BTS a livello planetario.
Un pezzo in cui emerge una genuinità che le prime due tracce non hanno nemmeno lasciato intravedere e che ha la straordinaria capacità di rendere realmente funzionali elementi altrimenti repellenti quali drum-machine e spoken-word.

Si tratta però, ahinoi, di un fuoco di paglia:"Make It Right", "HOME" e "Jamais Vu" smorzano la curva dell'attenzione al punto di rendere l'esperienza di ascolto orizzontale.
Il merito, pardon, il demerito, é da imputare ad una dualità poco plausibile fra i miagolii zuccherosi dei vocalist ed i mugugni dei ben 3 rappers in line-up, oltre a tutta una serie di soluzioni stilistiche più che di facile ascolto, addirittura banali.

A "Dionysus" é affidato il compito di raccogliere i cocci e chiudere dignitosamente questo sette tracce con un crossover in cui i suoni sporchi e cattivi di estrazione tipicamente underground si fondono con elementi rock e rimandi niente popò di meno che al reggaeton.
Anche in questo caso l'elettronica é un plus imprescindibile per l'intelaiatura del pezzo, il migliore in assoluto del lotto.

Quel che resta da salvare, aldilà di ogni mera questione estetica, é il contenuto dei brani, il loro intento ora ispirazionale ("Mykrokosmos"), ora simbolicamente autoreferenziale ("Make It Right"):

"Oh, posso rendere tutto migliore
Io, che sono diventato un eroe in questo mondo
Le acclamazioni assordanti
E i trofei e i microfoni dorati nella mia mano
Tutto il giorno, ovunque
Ma tutto questo serve per toccarti
È questa la risposta al mio viaggio
Canto per trovarti
Tesoro, per te".

Il carico emotivo di temi attuali come la dipendenza (vedi la closing track) e la sovraesposizione ad ogni costo alla quale tutti ci sottoponiamo più o meno consapevolmente ("Jamais Vu", "HOME"), seppur trattati in maniera efficace e credibile, imprimono inerzia insufficiente ad un disco incentrato solo nelle intenzioni su un pretenzioso tentativo di tracciare una mappa dell'animo umano.
E questa é la grossa contraddizione dell'ep.
Non fraintendiamo, il disco risulta fin dal primo ascolto un monolite inattaccabile da qualunque parte lo si rigiri per qualità e livello di produzione, non sfigurerebbe in heavy rotation nemmeno nel Belpaese.
Eppure, sotto quel packaging da caramella "tutti gusti più uno", si riesce ad intravedere che qualcosa non torna:per quanto frequenti siano i riferimenti alla psicoanalisi o addirittura alla mitologia greca, “Map Of The Soul:Persona” viene totalmente meno alle sue premesse, restituendoci a 26:05 l'impressione di trovarci al cospetto di una boyband incastrata fra una divorante ambizione espressiva e le lusinghe di un mercato discografico più preoccupato di creare cloni ad ogni latitudine che non di enfatizzare gli elementi peculiari di ognuna delle differenti culture di tutto il mondo.

Ecco perché risulta difficile, troppo difficile, rintracciare in questo lavoro anche una soltanto delle motivazioni che hanno portato proprio questi BTS a diventare un fenomeno di portata planetaria.

Ora, giudicare il valore di una band sulla base di un prodotto ideato espressamente per scardinare una volta per tutte le resistenze di un mercato musicale chiuso e concorrenziale come quello U.S.A, oltre che a piazzare la merce su quanti più scaffali possibili, sarebbe ingeneroso, tanto più in considerazione del fatto che in questo, come in ogni altro progetto k-pop, la musica é soltanto una delle forme espressive che costituiscono il pacchetto.

Ma tant'è, il disco in sé lascia poco spazio a giudizi su qualcosa di diverso dalla musica. Ai più coraggiosi del sottoscritto il compito di intraprendere un viaggio verso le radici del suono e dell'autenticità del messaggio marcato BTS.









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