[Allora: l'autore del disco qui recensito ha espresso ed esprime posizioni politiche e ha commesso (e istiga altri a commettere) azioni che a DeBaser ripugnano. In fin dei conti, però, si parla di musica: quindi pubblichiamo comunque la recensione.
Dichiariamo altresí con chiarezza di non avere nulla a che fare con l'autore della stessa e che il nickname da egli scelto, con l'esplicito riferimento ad un personaggio responsabile di indicibili crimini contro l'umanità (Adolf Hitler), ci imbarazza (ma soprattutto ci disgusta). /DeBaser]

In questo disco, pubblicato da Misanthropy Records nel 1994, il progetto musicale di Vikernes tocca altissime vette, coniugando in maniera praticamente perfetta poesia e sonorità raggelanti, che sembrano echeggiare da un lontano ed arcaico passato di antiche leggende, dove il vento gelido della società moderna non è ancora riuscito a soffocare il cuore antico di una sapienza che ha accompagnato silenziosa le civiltà della nordica Europa attraverso i tormentati secoli della storia d'Occidente.

L'atmosfera glaciale, tesa, strisciante, ossessiva, malata, evoca oniriche visioni di anime dannate, spettri inquieti, streghe, draghi, fate, folletti, perdute deità che lasciano il limbo irreale della loro eterea e fiabesca esistenza per irrompere prepotentemente nel mondo dei viventi, inscenando fra boschi e sentieri, illuminati da lontane e deboli stelle, terribili e fatali cortei.

L'apertura dell'album è affidata a "Det Som En Gang Var" (Ciè che era una volta), capolavoro di oltre 14 minuti che armonicamente coniuga sonorità sognanti con la raggelante, disumana e rabbiosa voce del Conte. Segue la title track, "Hvis Lyset Tar Oss" (Se la luce ci prende), sempre piú ossessiva, inframmezzata da urla laceranti che penetrano fin dentro l'anima, e con un riffing che si sviluppa per tutta la sua durata.
Quindi è la volta di "Inn I Slottet Fra Droemmen" (Nel castello del sogno), altra ottima track con un riff veramente ossessivo che sembra quasi avvolgere l'ascoltatore nelle gelide atmosfere evocate dai testi di Count Grishnack. Ed infine "Tomhet" (Vuoto), bellissima track strumentale di chiusura che si contraddistingue per la sua implacabile tinta malinconica e per la purezza del suono.
Importanti le tastiere, che appaiono abbondantemente in tutto l'album fino a raggiungere l'apice nell'ultimo brano, costituito appunto interamente da esse.

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Elenco tracce testi e video

01   Det som en gang var (14:21)

Imellom buskene vi stirret
På de som minnet om andre tider
Og fortalte at håpet var borte
For alltid...

Vi hørte alvesang og vann
Som sildret

Det som en gang var er nu borte
Alt blodet...
All lengsel og sorg som hersket
Og de følelser som kunne røres
Er vekk...
For alltid...

Vi døde ikke...
Vi har aldri levd

02   Hvis lyset tar oss (08:04)

En åpning i skogen
Hvor solen skinner
Hindret av trærne fanges vi
I denne guds åpning

Det brenner, det svir
Når lyset slikker vårt kjøtt
Opp mot skyene en røyk
En sky av våres form

Fanget av begravelsen
Pines vi av guds godhet
Ingen flammer, intet hat
De hadde rett, vi kom til
Helvete

03   Inn i slottet fra drømmen (07:51)

04   Tomhet (14:12)

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Altre recensioni

Di  Stjerne

 La voce è la peculiarità di Burzum! Quelle urla così sofferenti, così malate, talmente mostruose da far pensare ad una tortura in corso.

 Quando mi chiedono il mio parere su Burzum l’ultima cosa che mi salta in testa è che si tratta di un criminale. Per me è solamente un grande artista con una vita un po’ movimentata alle spalle.


Di  mirkopianta

 Una gelida e ripetitiva chitarra squarcia il silenzio annichilendo immantinente la dimensione del mondo reale.

 Veramente un capolavoro, che ancora oggi ha moltissimo da dire.


Di  TheWave1985

 È incredibile come con soli 3 strumenti si possano creare capolavori.

 Considero la musica molto soggettiva, ciò che provo ascoltando questo disco l'ho già descritta prima.