Manliuzzo, ragazzi, è tornato a scrivere recensioni, per la vostra sfiga... ehm... gioia!

Per me, un album, per poter essere considerato un capolavoro, deve possedere tre caratteristiche: 

1) Dev'essere piacevole all'ascolto ed interessante (quindi, anche se strano e dissonante, mai monotono);

2) Dev'essere originale, non derivativo e deve possedere un "marchio di fabbrica";

3) Deve trasmettere delle sensazioni, siano esse belle o brutte;

"Tago Mago" possiede queste caratteristiche. E' un album spontaneo, ma per niente ingenuo. E' tecnico, ma non freddo. E' divertente (nonostante duri più di un'ora), ma non è stupido. In pratica, è ciò che si avvicina di più all'album perfetto. Il kraut rock, il rock tedesco, l'ho scoperto da poco, e quest'album mi ha preso al primo ascolto, soprattutto perchè riesce a fondere il rock occidentale di quel periodo con la musica orientale: il giapponese Damo Suzuki canta l'est con un timbro dell'ovest e si trova perfettamente ad agio tra le chitarre psichedeliche e i violini di Karoli, tra le atmosfere ora sognanti ora acide delle tastiere di Schmidt, tra i ritmi arzigogolati ma caldissimi di Liebezeit, probabilmente il migliore batterista sulla faccia della terra (e qui mi trovo daccordo con Scaruffi). Anche Holger Czukay accompagna bene il gruppo con il suo basso, e la band sembra affiatatissima.

"Paperhouse" è il primo capolavoro: è un pezzo di una dolcezza acida, psichedelica, che nel ritornello strumentale vede uno dei più azzeccati duetti tra tastiere e chitarre. L'incalzare della batteria porta ad un fantastico assolo di chitarra. Il pezzo diventa minimale: aumenta il rumore e torna la voce di Damo, che trovo un cantante animalesco e geniale allo stesso tempo. Senza nemmeno accorgercene siamo in "Mushroom". Il canto ripetitivo ed alienante, accompagnato da scarni accordi di chitarra e da un ritmo complesso, stordisce: "I was born and I was dead", ripete in continuazione Damo. "Oh Yeah", invece, è sostenuta da un tam tam marziale e da un organo epico, con il basso in evidenza. Ma la summa del disco e del rock intero è costituita dai 18 minuti della quarta traccia: "Halleluhwah" è un funk psichedelico, un brano non paragonabile a nessun altro, un delirio musicale di genialità unica, semplice eppure complesso. Czukay, che dà il via al brano, costruisce un'impalcatura perfetta. Liebezeit, protagonista assoluto, sfodera un ritmo ipnotico e costante, con la precisione di un orologio svizzero. Damo "roccheggia" con la sua voce rauca e suadente. Karoli colora il brano con continue dissonanze della chitarra ed il violino. Schmidt fa squillare le sue tastiere al momento giusto. Tutti suonano come se fossero ad una festa, ubriachi e contenti, ma con una tecnica mostruosa, e raggiungono un affiatamento fantastico. Non sbaglierei, probabilmente, se dicessi che questo è il miglior brano mai scritto sulla faccia della terra.

D'ora in poi, il disco cambia umore, perchè dalla psichedelia Occidentale si passa al tribalismo Africano e alle suggestioni d'Oriente. "Aumgn", di 17 minuti, parte con alcuni rumori, poi c'è un minuto di trip-hop (sì, avete capito bene, trip-hop: avete presente le chitarre cupe e la batteria tipo drum-machine verso il primo minuto?) e subito delle chitarre orientaleggianti prendono il sopravvento. Dopo parecchi minuti di silenzio-rumore creato dalle tastiere di Schmidt, c'è un lunghissimo assolo di batteria di Liebezeit, accompagnato da un fischio di aereo che precipita e versi di scimmie e di cani. "Peking O", invece, comincia con il cantato onirico di Damo, che si stende sul vibrare dei piatti della batteria e prosegue all'insegna della pazzia: una frase a velocità supersonica sparata da Damo intervallata da un pianoforte jazz impazzito. L'ultima perla, con la quale si ritorna alla calma, è la struggente "Bring me a Coffee or a Tea", che potrebbe essere una "The End" dei Doors più orientale, più atmosferica è più sognante: solo la voce resta acida e si libra tra le dolci chitarre e le stupende tastiere.

Alla fine si rimane sorpresi: ma davvero un genere con un nome così brutto può contenere un capolavoro come questo?

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