I Can sono stati indubbiamente il gruppo tedesco più colto e completo della variegata scena Krautrock. La formazione comprendeva 2 allievi di Karl-Heinz Stockhausen ovvero il bassista Holger Czukay e il tastierista Irmin Schmidt, vere e proprie menti ispirate dietro al progetto. Completavano la formazione lo straordinario batterista Jack Liebezeit, la cui impostazione proveniva dal free-jazz, il talentuoso chitarrista acido Michael Karoli e, in un primo momento, il cantante Malcolm Mooney. Quest’ultimo fu poi sostituito dal mitico e leggendario Damo Suzuki che fu ingaggiato dopo essere stato visto esibirsi per strada. I primi 2 album dei Can sono ottimi e dimostrano già le loro qualità: “Monster Movie” è ancora debitore della lezione della psichedelia americana - Grateful Dead e Velvet Underground in particolare– ma contiene già i germi di quel verrà elaborato e rifinito in futuro mentre “Soundtracks” è un disco intelocutorio di altissimo livello. Ma è con “Tago Mago” (1971) che i Can diventano i capostipiti e il punto di riferimento imprescindibile del rock colto e di avanguardia europeo. Il gruppo per l’occasione si chiuse nella sala prove del castello Schloss Nörvenich e riuscì a partorire un doppio album di portata epocale.

La prima facciata parte con “Paperhouse”: l’inizio è quieto con la chitarra di Karoli che disegna taglienti assoli hard-blues, poi il ritmo diventa più frenetico con la batteria e il basso che prendono il sopravvento. Quindi la musica torna pacata e lascia poi spazio alla successiva “Mushroom”, una traccia studiata in segreto da molti futuri protagonisti della new wave.“O Yeah” è introdotta da un’esplosione deflagrante e apocalittica, poi la sezione ritmica – sorta di Grande Berthe dei Can - prende il sopravvento in modo impetuoso e robotico mentre la voce trattata e l’organo allucinato di Schimdt creano un’atmosfera straniante. Lo stile dei Can è monotono, dilatato, psichedelico e avanguardistico, così tipicamente tedesco. La seconda facciata è occupata per intero dalla lunga “Halleluwah”. In questo fantastico brano ha modo di mettersi in mostra Jaki Liebezeit alla batteria: la sua prova è straordinaria e dimostra la sua estrazione free-jazz. Suzuki canta invasato mentre la musica si dilata in un funky cosmico e psichedelico. I Can sono qui al loro meglio, nel pieno della loro esplosiva potenza.

Il primo lato della facciata è occupato da “Aumgn”, una lunga composizione sperimentale e elettronica dedicata al mago Aleister Crowley. Dimenticate la Musica Cosmica che allora imperava in Germania dei vari Tangerine Dream e Ash Ra Tempel: questa è musica ispirata direttamente dal gran maestro Karl-Heinz Stockhausen di cui si scoprono figli legittimi. L’atmosfera è da incubo: una voce trattata (di Schmidt) che sembra provenire dall’oltretomba ripete come un mantra ossessivo la parola “Aumgn” accompagnata dalle sonorità corrosive del violoncello. Una grande traccia in cui i Can fanno propria la lezione della musica concreta. Siamo nel regno dell’avanguardia pura. “Peking O” è invece una sorta di canzone sghemba senza una forma precisa: Suzuki sembra in trance e ha improvvise esplosioni di violenza sorrette dalla batteria elettronica e da un piano atonale. Chiude in modo più tranquillo “Bring Me Coffee Or Tea”, sorretta dalla solida sezione ritmica nel solco della prima facciata del disco.

La recente ristampa in cd del 40° anniversario presenta anche un dischetto bonus con delle tracce dal vivo. E’ l’occasione imperdibile per ascoltare il gruppo nel contesto dei concerti, a loro particolarmente congeniale. I Can dal vivo improvvisavano e non suonavano mai le loro composizioni nello stesso modo. Il tutto all’insegna di un’attitudine alla sperimentazione e alla ricerca di un nuovo linguaggio musicale. “Tago Mago” è il miglior Can in assoluto e una pietra miliare di valore inestimabile. Tutti sono debitori di questo disco, a partire dalla new wave fino allo shoegaze (penso a formazioni come Spacemen 3 e Loop).

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