"Dacci la gioia di conoscer bene 

le nostre gioie, con le nostre pene"

Stavo ascoltando "No Blues" di Wes Montgomery quando mi capita tra le orecchie questo EP, ‘Cave Canem'. E chi sono e chi non sono sti Cani Dei Portici? Decido di ascoltarli sperando che non facciano cagare. Schiaccio play senza interrompere Wes e sul trascinante groove del jazz si riversa un magma incandescente di selvatico post-hardcore. L'effetto complessivo non è affatto male, quasi il risultato del pensiero laterale di qualche schizofrenico, o di John Zorn.

A questo punto, incoraggiato decido di andare oltre, metto in pausa il buon vecchio Wes che sono sicuro non si offenderà, e all'improvviso le emozioni che erano tutte nella testa mentre ascoltavo il jazz, e si erano fermate come un nodo alla gola poco prima, adesso scendono piano piano verso le viscere e il basso ventre, come una colata di lava incandescente.

E' una musica viscerale, arrabbiata ma allo stesso tempo non troppo impulsiva, spesso ragionata, costruita con la logica di un folle. I fraseggi ripetuti e i cambi di tempo, l'alternarsi di diversi gradi di rumore riesce a creare la giusta tensione che spesso irrompe in cupi momenti catartici.  E' una musica che ti fa vibrare giusto lì dove hai riposto tutti i dolori e le delusioni, quelle che gli altri non possono vedere, che stanno li per essere contemplate senza una soluzione; ognuno le ha, ma nessuno ha il coraggio di mostrarle, come una creatura deforme. E' una musica senza speranza, una ben riuscita espressione della pars destruens che ci portiamo dentro, che viene riscattata dalla sublimazione nella musica stessa.

I riferimenti musicali vanno dallo stoner dei Kyuss al post-hardcore dei King Snake Roost, da Steve Albini (gli spietati Big Black) ai Jesus Lizard, passando dal post-rock degli Slint e dal math-rock, ma anche dai Massimo Volume e dal Teatro degli Orrori. E anche se a volte questi riferimenti sono abbastanza chiari, comunque le idee e gli spunti interessanti non mancano, né tanto meno la voglia di spaccare i culi.

Tutte le canzoni dell'EP sono degne di nota, ma forse la mia preferita nel mucchio è ‘Orient Express': fa le cose semplici, ha un andamento flessibile, cambia tempi, non sente il bisogno di complicare troppo le cose, alterna rumore e melodia con un bel motivo orientaleggiante che fa da trait d'union lungo tutto il brano. Alla fine risulta essere il pezzo con più personalità.

Insomma sono stato piacevolmente colpito e consiglio a tutti di ascoltarlo, anche perché nel nostro paesello se ne sente poca di musica così, e di tale qualità. Ai Cani dei Portici consiglio invece di non smettere di cercare e di esplorare: che musica fareste se non aveste paura di suonare qualcosa di completamente nuovo?

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