Colgo l'occasione della recente uscita dell'edizione completa e rimasterizzata del mitico "Live" dei Colosseum nel tour britannico del 1971 per tentare di recensire questo monumento musicale della durata di quasi 2 ore e mezzo........ E scrivo completa in quanto s'è finalmente dato alle stampe il secondo CD contenente la versione dal vivo della celeberrima "Valentyne Suite" registrata nel Marzo del '71 all'auditorium dell'Università di Mancester; il motivo per cui non fu fatto all'epoca e nemmeno con l'edizione del 2004 risulta misterioso; circa il doppio vinile posso avanzare l'ipotesi che fu ritenuta commercialmente troppo audace la pubblicazione di un terzo LP, anche se altri gruppi in auge all'epoca, Yes in primis, l'avrebbero fatto di li a poco. Ciò che appare comunque strano è che la prima scaletta non comprendesse la versione live del brano più celebre di questo multiforme gruppo, quello che li ha consegnati alla storia della Musica.

A tal proposito mi viene in mente un parallelo con un'altro grande gruppo dell'epoca, le cui vicende sono simili e mi riferisco ai Fleetwood Mac il cui epico "Live in Boston" venne inizialmente edito in singolo Lp....... tagliando gran parte delle tracce più significative, anche in questo caso il tempo galantuomo ha reso giustizia a quella straordinaria performace restituendoci recentemente la versione completa composta da ben 6 (sei) vinili, sempre risalente alla prima parte del' 71! Altre analogie: entrambi i gruppi erano reduci da tre lavori fra i qualie non in ordine d'uscita: un capolavoro assoluto, un secondo di ottimo livello ed infine un terzo minore, ancora furono proprio queste performance dal vivo d'altissimo livello a portare ad un successivo scoglimento delle due formazioni che come l'Araba Fenice risoorgeranno dalle ceneri, ma con musicisti e caratteristiche ben diverse; non ultimo entrambi i leader avevano una radice "Verde".......

Non voglio percorrere l'ascolto dei CD traccia per traccia, sarebbe alquanto impegnativo per chi scrive e parecchio noioso per chi legge considerando la lunghezza dell'opera; ma per far capire ed apprezzarne la sua qualità espressiva mi basta rimandare a due momenti topici del primo CD, quello "storico", e capovolgerne idealmente l'ascolto partendo dal finale "Lost Angels" col formidabile arrangiamento dell'omonimo brano contenuto nell'album "Valentyne Suite", tanto da raddoppiarne la durata coi preziosi virtuosismi di tutti i protagonisti, Dave Greenslade in primis, del quale è rimarchevole anche la prima esecuzione di "Ropper Ladder to the Moon": mentre la seconda mette più in evidenza le doti del batterista Jon Hiseman fondatore e leader storico della band che poi si ripete senza risparmiarsi (10 minuti di delizia,beato quel Pubblico!) anche in "Time Machine" nel secondo CD. Altro pezzo d'indiscutibile qualità è: "Tanglewood '63" ovvero un monumento musicale scolpito dal sax tenore di Dick Heckstall-Smith, purtroppo scomparso nel 2004, un arrangiamento indimenticabile del brano del celebre compositore jazz Michael Gibbs, ma che non è di certo l'unico intervento di grande valore in un'opera pervasa dalla sua presenza

Altro brano rimarchevole, anzi inedito, almeno fino all'uscita del primo "Live" è "I Can't Live without You" che consente a Dave Clempson, sostituto di Litherland primo chitarrista dei Colosseum, di dimostrare la sua straordinaria bravura in un assolo fra il rock ed il psichedelico, che da solo varrebbe i soldi dell'album..........Esagero? Beh andate a sentirvelo, meglio nella prima versione ovvero quella registrata a Brighton e mi darete ragione e magari apprezzere pure l'istrionica performance del vocalist Chris Farlowe che potrà anche sembrare un po' eccessivo, ma di certo non privo di talento come provato nella seconda edizione di "Skellington".

Altra chicca dal vivo, contenuta nel secondo CD, è "Stormy Monday Blues" brano di Manfred Mann rivoltato come un calzino anche dai fratelli Allman nello stesso anno e poco tempo dopo da Eric Clapton, ma che al solito è pretesto per mettere in luce, specialmente nella prima versione, le singole qualità degli artisti, non ultimo il bassista Mark Klarke. Incalzante anche la riedizione della famosa suite che parte coi virtuosismi, di vago sapore niciano, manco a farlo apposta di Dave Greenslade in duetto con Mark Clarke, proseguendo con ritmo sempre più forsennato fino a lasciar spazio ad un serissimo assolo di Dick Heckstall-Smith anco sarebbe rra al sax che introduce (finalmente) il tema principale della suite, ascoltando il quale ci si può forse rendere conto di un'altro possibile motivo per cui l'esibizione fu "tagliata" ovvero l'eccessivo scostamento ed espansione (oltre 5 minuti) rispetto all'originale che magari avrebbe potuto far storcere il naso ai puristi, privando però il pubblico di esecuzioni tanto valide ed estrose.

In conclusione un impegno dal vivo teso forse più a mettere in luce le grandi qualità degli artisti che a riprodurre pedissequamente i brani originali, cosa che ne fa una splendida performance scarsamente evocativa che si scosta abbastanza dalla tendenza dell'epoca quando i fans s'aspettavano una riproduzione piuttosto fedele di quanto già ascoltato a casa, frammezzata al più da qualche assolo di batteria, chitarra o tastiera; viceversa qui siamo di fronte ad arrangiamenti più o meno audaci di quanto già pubblicato.

Dopo quanto precede il giudizio non può che rendere giustizia ad un album dal vivo degno, anzi degnissimo, di andare a far compagnia agli altri "colossi" dell'epoca più felice per questo genere e ad un gruppo purtroppo poco blasonato a casa nostra. Rimasterizzazione di ottima qualità, copertina così così.

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