Già alla sua uscita, nel ‘96, il terzo disco dei CSI si propose come un classico.

La Linea gotica che dà il titolo all’opera è soprattutto un luogo concettuale (quello del libero arbitrio), diventando la ghiandola pineale che collega i significati storici, etici e politici del disco.
Ecco motivata nell’album la presenza di un atto d’accusa verso gli errori della chiesa (Millenni), di Io e Tancredi (brano che erge l’animale a maestro di vita dell’uomo) e di Sogni e sintomi, una disperata preghiera ai sogni affinché portino conforto e risposte in una realtà difficile ed incredibile. Ma l’invocazione ai sogni è destinata a rimanere inesaudita: già nel primo brano, Cupe vampe, lo straziante finale con il violino distorto (sovrapposto alle invettive di Ferretti) non lascia spazio a speranze di fuga dal male. L’unica via dell’esistere diventa quella di una riconciliazione con la cancerogena precarietà del mondo moderno, ed emerge nella monumentale Esco (“... è l’instabilità che ci fa saldi negli sradicamenti quotidiani...”).

La guerra è dunque un topos concettuale, ma i CSI non dimenticano il dolore terribile delle guerre reali: ecco spiegata la presenza di Cupe vampe e Blu. Completano il disco la straniante cover di Battiato (E ti vengo a cercare), la psichedelia sofferta e delicata de L’ora delle tentazioni (che canta il senso di colpa nel vivere la propria sessualità in un mondo cattolico) e l’indimenticabile Linea Gotica, che riassume in sé il senso dell’opera: nonostante siano crollate le ideologie non possiamo esimerci dal prender posizione, dallo sporcarci le mani. In chiusura è l’amarezza sofferta e sconsolata di Irata, dove troviamo l’uomo moderno definitivamente perduto in un mondo senza più passato né futuro.
Ricordate? la libertà è una forma di disciplina / mai come ora…

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