Poche cose al mondo eguagliano il fascino delle leggende; antiche storie, perlopiù tramandate oralmente, che riescono a catturare con estrema facilità l'immaginazione di chi le ascolta, grazie alle loro origini indefinite e a quel modo così peculiare di starsene perennemente in bilico tra il concreto e l'astratto, la ragione e la fantasia. In origine tale forma di racconto era destinata a descrivere la vita dei santi, nonché le gesta inspiegabili che riuscivano a compiere tramite la forza della fede, ma, com'era prevedibile, più la parola si diffondeva, più l'entità delle azioni strabilianti s'ingigantiva, custodendo però la medesima base; non a caso si pensa che nei recessi di ogni leggenda sia solito albergare un frammento di verità. Noi però adesso non ci metteremo a disquisire di profeti e miracoli, ma parleremo di musicisti, meritevoli di saper modellare una delle forme d'espressione più straordinarie e miracolose in assoluto: la musica.

La nostra storia comincia nel 1968 in Inghilterra, presso la scuola di Northampton, dove un giovane cantante e chitarrista, appassionato di fotografia, di nome Steve Giles, fondò, insieme al batterista Clive Thorneycroft, al bassista Ron Johnson e al secondo chitarrista Martin Weaver, i Dark, band hard rock di stampo blues caratterizzata da pesanti contaminazioni progressive e psichedeliche, la quale registrò, di lì a poco, in una casa diroccata adibita a studio dal tecnico Alan Bowley, le prime tracce che andarono a comporre "Round the Edges", realizzato poi ufficialmente nel 1972 presso i SIS Studios.

Ma cosa ha di leggendario tutto questo? Bèh, il disco in questione si da il caso essere il più costoso dell'intero panorama musicale inglese, con una tiratura totale, nella sua versione originale, di appena sessantacinque pezzi, di cui i primi dodici riservati ai membri della band, alle proprie ragazze e a qualche amico. Pare che queste mitiche copie si differenziassero dalle altre, grazie ad una confezione singolare, tappezzata di foto effettuate da Steve per l'occasione e da info sul gruppo scritte a mano, riproposte poi nel booklet della recente versione CD.

L'album presenta uno stile decisamente interessante, con composizioni camaleontiche che passano da delicati arpeggi accostati alla voce pulita del cantante, ad impetuosi assalti di chitarre e batteria ("Darkside"), da ritmi facilmente assimilabili in cui risplende l'affiatamento fra i due chitarristi, ad assoli potenti e minacciosi capaci di ottenebrare completamente l'atmosfera distesa e rilassata fin lì prodotta ("Live for Today"), la quale, in sporadici casi, riesce a preservarsi fino alla conclusione del brano, complice un reparto ritmico intenzionato a soggiogare l'aggressività inestinguibile delle sei corde ("Maypole").

L'anima blues della band si avverte in modo particolare nelle pazze digressioni chitarristiche di "R.C.8" e, soprattutto, nelle arie vivaci di "The Cat", dove risalta, oltre al solito e agguerrito lavoro intrecciato di Steve e Martin, il suono profondo e buio del basso di Ron, impegnato, subito dopo, ad accompagnare ed irrobustire le acrobazie batteristiche di Clive nell'oscura traccia finale "Zero Time".

A conclusione dei fatti appena narrati i ragazzi presero strade diverse e "Round the Edges" (che nella ristampa in CD presenta quattro bonus tracks, non esattamente imprescindibili, risalenti al '71) rimase per moltissimo tempo la loro unica fatica discografica, finché, dopo una pausa di circa vent'anni, i quattro non si ritrovarono nuovamente a suonare insieme, concependo, nel 1996, "Anonymous Days", distribuito in un'edizione limitata di ben (rispetto ai precedenti standards) cinquecento unità. Al termine di tale operazione fecero perdere le loro tracce, scomparendo così come già fecero in passato. Probabilmente, intorno al 2016, a dispetto dell'età, riappariranno e sentiremo ancora parlare di loro... O perlomeno così vuole la leggenda.

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