Capita nella vita di ogni persona di intelletto di venire catturati da stati di tensione particolari in grado di rivelare aspetti inediti della realtà. Il tappeto atomico che compone l'esistente si rivela come un lenzuolo da cui emergono di volta in volta pieghe, strappi e affossature. Chi conosce questo genere di sensazioni avrà intuito che la materia che compone le cose (tutte le cose) è labile, nonostante la sua oggettività di base e il suo essere definibile, delineabile e tracciabile. Poter descrivere una cosa non basta a fare di essa un unico, a svuotarla di significati e renderla inoffensiva e godibile da tutti. È interpretabile sì, ma si può dominare. La si può comparare. Può essere riferita. Può essere proiettata nel futuro. Ogni essere sensibile prima o poi vive e attraversa il dubbio della fissità delle cose. La sola pragmaticità non basta a fare di un oggetto o di un senso un unico vuoto di fruizione. Un campo d'esperienza fino ad allora inutilizzato ma riscoperto, da utilizzare ora come contenitore di cose passate, riferite, sbagliate. Descriverlo e regalarlo non ne rende l'essenza inoffensiva.

Chiariamo subito che Lynch, e l'ultimo Lynch (da 'Strade Perdute' in poi) in particolare, non è roba per tutti. Lo spettatore medio ha spesso come unica e ultima arma interpretativa lo strumento della recensione; una lettura, in tutti i sensi, che volenti o nolenti nonostante il suo essere una percezione di seconda mano, per di più mediata dal canone della scrittura, comporta e può esprimersi (deve esprimersi) su vari gradi di interesse e partecipazione. Vi sarà capitato, ma cercare di trovare una recensione decente su 'INLAND EMPIRE', 'Mulholland Drive' e 'Strade Perdute' è un'impresa assai ardua. Questi tre film sono stati il più delle volte descritti come "esperienze" da godere senza troppi perchè, quasi fossero degli "strippi" personali di un artista impazzito ma da compatire. Le esegesi hanno rivelato troppo spesso orrendi sottotesti, come se chi scrivesse stesse parlando di "cose fine a se stesse ma di cui si deve ancora avere un rispetto incondizionato (o un rifiuto incondizionato) poiché di provenienza autoriale". Ho sempre definito come arrendevole questo atteggiamento; e il più delle volte palesava un'incompetenza di fondo. Vi sia sufficiente pensare una cosa: a sei anni dalla sua uscita 'Mulholland Drive' viene ancora definito da molti come una presa in giro. Un film senza trama, senza senso. Un capriccio. Vi garantisco che niente di tutto questo è vero.

Normalmente il cinema lynchiano esige un pubblico scevro da pregiudizi interpretativi, razionalizzazioni forzate, esegesi a tutti i costi, citazioni come se piovesse e intuizioni soggettive a livello di trama. Ma potreste anche dimenticare quest'ultima frase e sostituirla con questa: "il cinema di David Lynch esige un pubblico senza aspettative". Il suo ideale è infatti un pubblico a cui è richiesta una sola cosa: l'attenzione; e che sia capace di non tradire il film, la sua visione, il suo patto. 'INLAND EMPIRE' è un film fatto di molteplici elementi e stratificazioni e ricco di atmosfere e ambienti molto particolari e pregni di mistero, la maggioranza dei quali addirittura aurali. Nonostante la premessa di esclusività che sbatte fuori dal suo mondo gli irriducibili consumatori di puzzle, il cinema di Lynch è composto proprio di questi elementi: citazioni, razionalità (seppure a livello soggettivo, anzi, psicologico quando non addirittura fisiologico), rimandi inter- e intratestuali, soggettività, intuizioni. Nonostante le apparenze esso è sempre un cinema narrativo al 100 %, in cui ogni trama può essere riassunta al massimo in un paio di frasi. Si badi bene che sto affermando un concetto che purtroppo viene osteggiato da gran parte della critica cinematografica. Questo perché ancora in pochi hanno accettato che il bello di un film non è soltanto la rassicurazione che deriva dall'avere sott'occhio tutto ciò che sta accadendo, e che ciò che differenzia Lynch dai suoi colleghi è rappresentato dal fatto che a lui non interesssa soltanto mostrarti la storia, ma ritiene più importante farti provare (nel senso di "make you feel") le stesse emozioni che attraversano i suoi protagonisti. E potete star certi che la differenza è notevole.

È questo infatti l'errore in cui incorre solitamente il "lettore" (inteso come spettatore del "testo" filmico) o recensore anche professionale. L'abbandonare a priori ogni tentativo interpretativo di fronte a una materia che si rivela ostica alle proprie categorie interpretative. Categorie tuttavia, è bene precisarlo, non personali e frutto d'esperienza, ma soltanto suggerite e condivise dalla collettività spettattrice e codificate dall'industria cinematografica del passato e del presente. Il cinema hollywoodiano ci ha insegnato che sempre a cosa corrisponde cosa, dalle inquadrature ai raccordi tra le stesse. Un certo tipo di immagine significherà quindi "il ricordo", mentre un'altra significherà "il sogno". Il pubblico più conservatore e retrivo guarda i film alla maniera di un impiegato catastale divenuto cinico per il troppo zelo nell'applicazione delle regole del suo mestiere. Ciò che non soddisfa queste regole potrà quindi anche essere interessante, ma sarà meglio non prenderlo troppo sul serio.

Lynch è ancora vittima di questo pregiudizio.

'INLAND EMPIRE' è essenzialmente la storia di un tradimento, di una fuga dalla realtà, di una battaglia con se stessi e col proprio passato. Per tutto il film ci viene ripetuto che ogni azione comporta delle conseguenze e che tutti i nodi prima o poi vengono al pettine. Una ragazza in una stanza scura guarda la sua vita su un televisore e piange. Assistiamo ad alcune scene di un inquietante sceneggiato in cui i protagonisti sono dei conigli. "Prima o poi lo scoprirò" afferma uno di questi. Gli altri due si guardano tra loro. Non c'è quiete, la musica ha un che di fortemente satanico; delle risate registrate si mettono fra noi e i conigli come se venissero da dietro di noi come commenti a sproposito provenienti da una platea inesistente. A un'attrice in un momento di discesa viene affidata una parte in un film di richiamo che in realtà è un remake. Un'anziana e strana donna le fa visita a casa provocandole uno scarto percettivo che la proietta in avanti di un giorno. Entriamo dentro la vita di Nikki (l'attrice di cui sopra), che deve interpretare Sue nel film "Il Buio Cielo Del Domani". Tutto ok quindi, la parte è sua. L'ambiente di lavoro sembra tranquillo ma una strana atmosfera gira attorno al film, suo marito è fortemente geloso e possessivo. Ed è sterile. Nikki viene ospitata in un orrendo talk show assieme al suo partner nel film, Devon, e la conduttrice fa delle allusioni pesanti sul fatto che i due faranno faville a letto. Prima di iniziare le prove ai due verrà detto che "Il Buio Cielo Del Domani" è in realtà il remake di un film polacco, "47", mai terminato a causa di un incidente avvenuto sul set. I due protagonisti originali vennero infatti uccisi. Devon viene spronato dal marito di Nikki a stare attento a come si comporterà con sua moglie, per evitare conseguenze "terribili" che, ovviamente, si verificheranno.

A questo punto potrei andare avanti e rivelarvi ogni cosa ma preferisco che andiate a vederlo di persona e che se ne parli dopo. Ci sono molti cambi (di location, di attori, di ruoli, di nomi) in questo film, tanto che alla prima visione vi sembrerà di perdervi e di non trovare più il filo. Se ciò accadrà non riuscirete più a godere di 'INLAND EMPIRE' e finirete con l'odiarlo allo scoccare della seconda ora di film. Come ho già affermato il film è molto stratificato. Per i più potrà essere ostico (la durata è di 3 ore), e la visione è disseminata di trappole (sopratutto visive) atte a far perdere letteralmente l'orientamento su quanto succede. Io personalmente ho scoperto un trucco, alla seconda volta che l'ho visto, che consente di capire la trama a botta sicura già dalla prima visione. Bisogna prestare attenzione ai dialoghi senza lasciarsi incantare da quanto succede in video. Trovare una spiegazione "video" è infatti possibile solo capendo il film, e per capire il film bisogna capire cosa accade. Per la prima volta in un film di Lynch ogni cosa viene spiegata nei dialoghi in modo persino lineare. Tutto, ma proprio tutto, a livello di trama, viene spiegato nei dialoghi. Una volta fatto ciò, alla seconda visione potrete godere allo stesso tempo di immagini e testo e approfondire la comprensione di quest'opera mastodontica.

Si tratta del primo film in digitale di David Lynch, che compare anche tra gli operatori di macchina. Si vede che il formato DV l'ha colpito, grazie alla sua facilità d'uso, alla leggerezza del supporto e all'enorme maneggevolezza e duttilità del formato. In questo campo ho notato con piacere come Lynch non appartenga a quella scuola neoconservatrice che utilizza il digitale (che è un formato leggero) come se fosse pellicola (che è un formato pesante e richiede e si esprime nella fissità valorizzandola al meglio). Vedrete quindi una gran quantità di immagini sporche, sgranate, mosse, fotografate apparentemente con poca cura rispetto ai suoi film del passato. In realtà non si tratta di poca cura ma semplicemente di un altro modo di fare film, adatto a questo nuovo formato, uno stile incredibilmente moderno ed espressivo.

La colonna sonora è di Angelo Badalamenti e di un musicista polacco di cui non ricordo il nome, ma dallo stile molto simile a quello di Ligeti. La colonna sonora conferisce ovviamente al film quell'incredibile tocco di mistero e malvagità latenti che sono diventati ormai un marchio di fabbrica imprescindibile del cinema lynchiano.

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