Ho voluto sfidare la spocchia dei soliti scribacchini con tanto di soldi in mano. Me ne sono strafregato dei loro giudizi e, convinto, ho comprato un disco da loro considerato mediocre.

Quando si vuole esser bastian contrari, però, bisogna anche essere in grado di pagare le conseguenze derivanti da tale comportamento. Infatti sono stato zitto e non ho inveito contro nessuno. Ho però deciso di tormentare voi.

Ebbene: i parolai avevano ragione. L'ultimo capitolo dei Dead Can Dance risulta essere un disco decisamente stanco, pieno di idee banalotte, di melassa "new age" (più negli intenti che nella musica, si badi bene!) e apologeta di un cosmopolitismo sonoro di basso livello.

Come al solito: ottima produzione, ottimi musicisti, ottima Lisa e ottimo Brendan.

Ma quello che affiora non è più l'arcano mistero "gotico" di capitoli quali "Spleen And Ideal" o "Serpent's Egg" e non è nemmeno il maturo approdo musicale di "Aion". Ahinoi, quasi tutto è perso.

Solo un senso di noia e di imbobimento mentale/artistico: ecco cosa, sostanziamente, comunica "Spiritchaser".

Devo farvi l'analisi delle canzoni che più mi hanno deluso? No, mi sembra inutile.

Posso solo dirvi che troverete lunghe composizioni come "Song Of The Stars", brani "rilassanti" (che termine mediocre!) come "Nierikia" o "Song Of Dispossessed", qualche spunto certamente ammaliante (penso a "Indus"); ma tutto finisce qui. Anche la carriera discografica della band anglo-australiana

Le cose erano già cambiate con i dischi precedenti. Non si trattava certo, e perfino i sassi lo sapevano, delle anime tormentate che composero l'indimenticabile debutto. Vero. Ma fate una buona cosa: statene alla larga.

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